8
Quanto al timore di veder puniti gli oppo-
sitori dellapoliticad’asiloed’immigrazione, si
può constatare che l’applicazionedellanorma
èmolto restrittiva inquesto ambito, visto che
esternazioni politiche più che discutibili non
sono state condannatedai tribunali.
E la libertàd’opinione, cheunaltrocomita-
todi oppositori del 1994 ritenevaminacciata?
Ebbene, l’analisi delle sentenze pronunciate
negli ultimi 20 anni dimostra che i giudici ne
hanno sempre tenuto conto. A tal punto che
a volte si può seriamente rimpiangere la re-
strittività dell’applicazione della norma, per
esempio quando si vede lasciare impunito il
salutonazista sul pratodel Grütli.
E la dimostrazione dell’infondatezza dei
timori di allora potrebbe continuare a lun-
go. La norma penale contro la discriminazio-
ne razziale era e resta indispensabile. Non
per rispettare i nostri impegni internazionali
(beninteso, anche questo è importante), ma
a protezione di noi tutti, svizzeri, stranieri di
ogni origine, donne, uomini, credenti e atei.
La norma è uno strumento indispensabile del
nostro Stato di diritto e fissa il limite oltre il
quale atti eparole rischianodi ledereprofon-
damente ladignitàdellepersone.
Certo, l’articolo 261
bis
può sempre essere
migliorato e rafforzato. Le idee non manca-
no. Ma oggi va soprattutto sottolineato che
ladecisionedel 25 settembre1994 si è rivelata
giustae indispensabile.
Editoriale
MartineBrunschwigGraf
PresidentedellaCFR
Il 25 settembre 1994, il 54,6 per cento dei
votanti accettava l’introduzione nel Codice
penale e nel Codice penale militare di una
norma che permetteva di sanzionare il razzi-
smo, l’istigazione all’odio razziale e la nega-
zione dei genocidi. Come sempre in Svizzera,
il testo era fruttodi un compromesso e la sua
applicabilitàera limitataalladimensionepub-
blica degli atti commessi e/o alla volontà di
diffondere idee razziste.
Nonostante la schiacciante maggioran-
za con cui il Parlamento aveva approvato la
norma, la campagna referendaria fu caratte-
rizzata da accesi dibattiti, come dimostra il ri-
sultato relativamente stretto della votazione.
A 20 anni di distanza può essere interessante
chiedersi se i timori degli oppositori fossero
giustificati. Si constaterà conun certo stupore
che l’argomentoprincipale riguardava l’ONU,
cioè il sospetto che l’introduzionedellanorma
altronon fosse cheunprimopasso inpuntadi
piedi verso l’adesione all’ONU. Oggi nessuno
sosterrebbepiù che l’accoglimento, il 3marzo
2002, dell’iniziativa popolare per l’adesione
all’ONU sia una conseguenza dell’introduzio-
nedellanormapenale!
Gli oppositori di allora consideravano l’ar-
ticolo261
bis
ostileagli svizzeri e temevano che
non si sarebberopiùpotuti favoriregli svizze-
ri sul mercato del lavoro o degli alloggi sen-
za rischiare un’inchiesta penale. Uno scenario
ben lontano dalla realtà odierna! Attualmen-
te, infatti, nemmeno nel Codice civile sono
previste disposizioni che possano impedire la
discriminazione all’assunzione o il rifiuto di
un alloggio per via del colore della pelle o di
un cognome straniero!Anzi: gli slogan che in-
vitano a favorire i connazionali o addirittura i
cittadini del proprio Cantone si moltiplicano
senza chenessuno sene inquieti.
Editorial
|
Editorial
|
Editoriale
TANGRAM 35
|
6/2015