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Wiedenken Jugendlicheüber Rassismus undVielfalt
Les jeunes faceau racismeet à ladiversité : enquêtes
Razzismo ediversità visti dai giovani: inchieste
Raffaella Brignoni | «Noi?Non siamo razzisti, però…» |
6/2015
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TANGRAM35
se non avessi prima compiuto un’esperienza
molto intensa chemi hamesso in contatto con
cittadini di tutto ilmondo», continua il ragaz-
zo. Nicola, nel corsodell’ultimo annodi liceo,
ha svoltouno stageprofessionale comevolon-
tario a CasaAstra a Ligornetto, l’unico centro
di prima accoglienza del Canton Ticino. Una
struttura cheaccoglie chi, per diversimotivi, si
ritrova senzaunpostodovedormire, senzaun
lavoro chegli permettadi essere autonomo.
I pregiudizi si sconfiggono con la
conoscenza reciproca
«Confrontandomi da vicino con altre real-
tà ho avuto una lezione di vita e ho scoperto
come siano infondati e pericolosi i pregiudizi.
Ho conosciuto persone di religionemusulma-
na sempre col sorriso sulle labbra nonostan-
te le difficoltà delle loro esistenze e uomini
dell’Europa dell’est alla ricerca disperata di
lavoro, con la voglia di sudare per mantener-
si e riscattarsi. Altri islamici meno simpatici e
alcuni rumeni di cui hodiffidato, ma lo stesso
discorsopotrei farloper i residenti egli svizze-
ri: non tutti ci piacciono, non tuttimeritano la
nostrafiducia.Ho così imparatoanon fermar-
mi all’apparenza, a non nascondermi dietro
alle frasi fatte,maa valutare lepersoneper le
loroazioni enonper altre ragioni», annota lo
studenteuniversitario. Per Nicola la conviven-
za pacifica può dunque essere resa possibile
unicamente attraverso la reciproca conoscen-
za. Non la vede allo stessomodo suo cugino:
Michele, 25 anni, ha studiato aGinevra scien-
ze economiche e sociali e attualmente lavora
come consulente finanziario in una grossa fi-
duciaria. Sul temadi come combattere il razzi-
smohannoproprioapprocci diversi.
«A scuolabisognerebbe insegnare storia
delle religioni»
Seper Nicolaunabuona ideapotrebbe es-
sere ad esempio l’insegnamento di storia del-
le religioni alle scuoledell’obbligo,Michele la
Viaggio, attraverso le voci di due giovani
ticinesi, all’interno del fenomeno tra pregiu-
dizi e stereotipi. Lo studenteuniversitario: «Si
cerca di non valutare le persone in base alla
razza o alla religione, ma la politica a volte
influenzanegativamente il giudizio».
«Sono stato educato al rispetto degli altri,
a nongiudicare inbase alla nazionalità o alla
religione. Mi sono sempre imposto di rispet-
tare questi insegnamenti ricevuti in famiglia,
ma devo dire la verità: a volte mi è successo
di pensare che molti stranieri, non avendo
voglia di lavorare, se ne approfittassero della
politica di accoglienza della Svizzera e delle
nostreassicurazioni sociali.Aparoledimostra-
vo apertura, seguendo il modello insegnato-
mi in casa, ma in realtà spessomi ritrovavo a
ragionare per stereotipi e pregiudizi. Perché?
Credo che un certo modo di fare politica in
manierademagogica influenzi inmaniera stri-
sciante l’atteggiamento verso le minoranze,
fomentando la divisione della società e non
aiutandoa costruireuna convivenzapacifica.»
Ad accettare di parlare con
Tangram
è Ni-
cola. Il giovane ha 21 anni, vive a Lugano e
studia scienze della mediazione interlingui-
stica e interculturale all’Università degli studi
dell’InsubriaaComo. Per andare in facoltàat-
traversaognigiornomaterialmente la frontie-
ra chedivide la Svizzeradall’Italia, èuna sorta
di frontalierealla rovescia,maprimahadovu-
to superare i suoi confini culturali: «A parole
ci possiamo dichiarare non razzisti, ma quan-
do accadono avvenimenti negativi, che han-
no per protagoniste persone di altre culture,
l’associazione con la cittadinanza o la religio-
ne spesso si trasformanellaprima superficiale
risposta. Penso che il razzismo nasca proprio
dallamancanza di conoscenza dell’altro. Pro-
prio per comprendere meglio il mondo, al
di là degli steccati, ho fatto questa scelta di
studio alla quale però non sarei mai arrivato,
«Noi?Non siamo razzisti, però…»
RaffaellaBrignoni