TANGRAM 35 Bulletin der EKR Juni 2015 - page 72

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Wiedenken Jugendlicheüber Rassismus undVielfalt
Les jeunes face au racisme et à ladiversité : enquêtes
Razzismo ediversità visti dai giovani: inchieste
TANGRAM 35
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Raffaella Brignoni | «Noi?Non siamo razzisti, però…»
del razzismo nei giovani. È comunque inte-
ressante confrontare le risposte che abbiamo
ottenuto con lo studio commissionato dal
Servizio per la lotta al razzismo presentato lo
scorsomese di febbraio, «Convivenza in Sviz-
zera 2010 – 2014», che è il primo tassello di
un monitoraggio che sarà svolto a cadenza
biennale, a partire dal 2016,
dall’Ufficio federaledi statisti-
ca. Dalla ricerca affiorano ti-
mori, preoccupazioni e imma-
gini stereotipate come quelle
che sono uscite parlando con
Nicola eMichele. Timori verso
gli stranieri in generale – sot-
tolinea la ricerca – che sono
determinati non solo da fat-
tori e convinzioni individuali,
ma anchedadiscorsi edibattiti pubblici come
quello acceso sulla politica degli stranieri. Ti-
mori che possono trasformarsi nell’adozione
di comportamenti razzisti o in fenomeni di
intolleranza.
I ricercatori sono partiti dal presupposto
che le persone non vanno classificate secon-
do stereotipi, si deve prevenire la discrimina-
zione, le culture hanno tutte lo stesso valore,
non si possono suddividere le persone in raz-
ze. Che cosaèuscitodal sondaggio sviluppato
con metodi scientifici? Sono emerse opinioni
sistematicamente negative o dettate da pre-
giudizi sugli ebrei (11% dei partecipanti allo
studio) e sui musulmani (19%). Gli atteggia-
menti antisemiti si sono registrati in partico-
lare in Ticino, fra chi vive in campagna, e fra i
cittadini per i quali l’appartenenza nazionale
è importante. Da rimarcare – enon sorprende
visto il climaesasperato soprattuttonei canto-
ni di frontiera – l’esplosione di atteggiamenti
xenofobi sul postodi lavoro: nel 2014 laquota
si attestavaal 12per cento (4punti percentua-
li oltre ilmarginedi errore). Per il 27per cento
degli intervistati la nazionalità delle persone
pensa in maniera diametralmente opposta:
«Non sonod’accordo. La scuoladeve insegna-
re il catechismo, il nostro è un cantone cat-
tolico e se non conosciamo neppure la nostra
religione come possiamo capire quella degli
altri?». Michele è netto nel suo modo di in-
tendere la convivenza: «Chi viene in Svizzera
deve rispettare i nostri usi e
costumi, altrimenti non potrà
mai integrarsi. Non vedo per-
ché lo sforzo di adattamento
lo debbano fare i residenti.
Vogliamo fare un passo in-
dietro e trattare anche noi
le donne come nel Medioe-
vo?», aggiunge riferendosi
all’Islam. «E chi commette un
reatodeve essere espulsodal-
la Svizzera. Non sono razzista, ma abbiamo
troppi stranieri che ci creano problemi, per
cui aspetto che il Consiglio federale adotti le
misure di contingentamento così come decise
dal popolo con votazione democratica del 9
febbraiodel 2014.»
Ma che cos’è davvero l’Islam? Chi sono i
musulmani? Egli ebrei? Egli africani? Equelli
dell’Europa dell’est? Chi è lo straniero? Colui
che ci ruba il lavoro? Chi sfruttiamoo chi ha il
dirittodimigrare?
Dalla discussione con i due giovani emer-
ge una spaccatura sul modo di intendere la
convivenza con gli stranieri e il conseguente
modellodi quella che i nostri intervistati riten-
gono ilmodellodi una societàgiusta ed equa
rispettoai diritti degli svizzeri edegli «ospiti».
Il confronto con lo studio federale fa
emergere il pesodel dibattitopubblico
Il nostro, avendo come campione unica-
mente due voci, non può essere considerato
un sondaggio scientifico. È un lavoro gior-
nalistico che ha come oggetto la percezione
La convivenza
pacificapuòdunque
essere resapossibile
unicamenteattraverso
la reciproca
conoscenza.
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