TANGRAM 40

L’orchestra antimusulmana. Tutto comincia dai social media

Sintesi dell'articolo
«Die Brandreden der Tastaturhelden. Islamfeindliche Vernetzung: Soziale Medien als Ausgangspunkt» (tedesco)

Autor

Il sociologo Oliver Wäckerlig è dottorando al seminario di scienza delle religioni dell’Università di Zurigo. I suoi campi di ricerca sono l’ostilità verso i musulmani, la sociologia delle religioni e l’analisi delle reti sociali. oliver.waeckerlig@uzh.ch

Quando Pegida scende in strada contro «l’islamizzazione dell’Occidente», la mobilitazione passa da Facebook. Anche gli «identitari» utilizzano i social media per diffondere le immagini più spettacolari delle loro azioni propagandistiche – occupazioni simboliche di luoghi pubblici o tentativi di impedire il salvataggio di rifugiati nel Mediterraneo. Grazie a Facebook, Youtube, e Twitter e ai blog, bastano un minimo di organizzazione, poca spesa e poche conoscenze tecniche per allacciare contatti e diffondere informazioni su Internet. Già da anni ormai il mondo digitale è la cassa di risonanza di un’accesa propaganda antislamica che soffia sul fuoco delle emozioni e semina diffidenza nei confronti dei musulmani. Attraverso i media sociali è chiaramente riconoscibile anche la collaborazione mediatica e organizzativa tra le due sponde dell’Atlantico di cui beneficia per esempio il politico olandese Geert Wilders.

Attraverso questi canali, le reti antimusulmane mondiali propagano teorie complottistiche su presunte intenzioni manipolatorie e imperialistiche dei musulmani di cui una società occidentale traumatizzata dagli attentati terroristici è facile preda e che hanno per esempio indotto Donald Trump a chiedere il divieto d’ingresso per i musulmani.

I provider di social media sono sempre più messi sotto pressione da opinione pubblica e politica, che chiedono loro di arginare e se possibile impedire la diffusione di notizie false (fake news) e l’istigazione all’odio. Resta da chiarire quali misure e strategie siano in grado di garantire sia il contenimento delle affermazioni discriminatorie che la possibilità di un confronto di idee ad armi pari.