TANGRAM 44

Definizione della razza da parte delle autorità giudiziarie svizzere

Autore

Marine Merenda è giurista. Ha lavorato alla CFR nel 2019-2020 come praticante giurista. marine.merenda@bluewin.ch

L’articolo 261bis del Codice penale (CP) stabilisce che le discriminazioni fondate sulla razza, l’appartenenza etnica o la religione sono inammissibili e perseguibili penalmente. Questo contributo presenta le definizioni della nozione di «razza» adottate dalle autorità giudiziarie svizzere nell’applicazione di tale articolo e si occupa di analizzare l’uso del termine nelle decisioni giudiziarie, nonché i chiarimenti forniti dalla giurisprudenza riguardo al suo contenuto.

Nel XIX secolo affiora l’idea di una classificazione biologica degli esseri umani secondo categorie gerarchiche che presuppone l’esistenza di razze umane distinte. Circa due secoli più tardi, il termine «razza» è incluso nel CP per perseguire la discriminazione razziale. Tra queste due epoche si è registrata un’evoluzione importante.

Nel CP, il termine «razza» (1) non rimanda all’origine biologica della parola, che è scorretta, bensì è inteso in senso sociologico e storico. In occasione dell’adozione dell’articolo 261bis CP, il Consiglio federale ha definito così la nozione di «razza»: «la razza è un gruppo di esseri umani che, in virtù di caratteri ereditari e immutabili, si considera o è considerato come differente dagli altri gruppi» (messaggio del 2 marzo 1992, FF 1992 III 227). È interessante analizzare le definizioni elaborate dalle autorità giudiziarie a seguito di questo messaggio del Consiglio federale.

Definizioni della nozione di «razza» da parte delle autorità giudiziarie

Definizione del Tribunale federale

Nel 1997 il Tribunale federale ha affermato che i concetti di «razza, etnia e religione» si riferiscono a contesti diversi e non possono essere definiti giuridicamente con una formulazione chiara. Ha inoltre precisato che le definizioni penali di razza ed etnia sono inutili e che non ha senso indagare se esistano davvero tali qualità, se la cerchia di persone interessate se le sia auto-attribuite o se le siano state attribuite, a torto o a ragione. Parte dal presupposto che soltanto la motivazione è determinante (DTF 123 IV 202 e JdT 1999 IV pag. 34, 38 seg.).
Questo chiarimento del Tribunale federale consente di precisare il ruolo delle autorità giudiziarie svizzere nei casi di discriminazione razziale. Da questa affermazione si evince innanzitutto che ai tribunali spetta unicamente il compito di stabilire se siano operate distinzioni inammissibili sulla base della nozione di «razza» in virtù di ideologie razziste; non spetta a loro, invece, giudicare se sia possibile distinguere tra persone in virtù di questa nozione o effettuare questa distinzione identificando alcuni gruppi come razze. Il Tribunale federale non si pronuncia sull’esistenza delle razze e precisa che questo compito non spetta alle autorità giudiziarie svizzere. Tuttavia, il termine «razza» si riferisce a un insieme di criteri, come il colore della pelle, sui quali si basano gli autori per differenziare le persone. Ai fini dell’applicazione efficace dell’articolo 261bis CP e della lotta contro la discriminazione razziale, spetta alle autorità giudiziarie chiarire la disposizione definendo i criteri su cui poggia questa distinzione, dato che sono loro, in ultima analisi, a dover punire i comportamenti che operano una distinzione sulla base di tali criteri.

Definizioni delle autorità giudiziarie cantonali

Le definizioni adottate dalle autorità giudiziarie cantonali variano leggermente e si possono distinguere tre approcci: la razza come percezione esterna, la razza come percezione propria al gruppo e la razza come insieme di caratteristiche comuni. È importante rammentare che le autorità stabiliscono esplicitamente che, dal punto di vista scientifico, è impossibile suddividere l’umanità in razze diverse e tale suddivisione può soltanto essere considerata un’astrazione arbitraria derivante da fenomeni sociali e storici (CFR 1998-004N).

La razza come percezione esterna
L’autorità di perseguimento penale del Cantone di Lucerna fa riferimento alla seguente definizione di razza: un gruppo di persone percepito come sostanzialmente differente dagli altri in virtù di caratteristiche fisiche e/o culturali più o meno immutabili (CFR 1996-002N).

La razza come percezione propria al gruppo
Il Tribunale di seconda istanza del Cantone di Vaud stabilisce che la razza è un gruppo di persone che si auto-definisce o viene definito da altri gruppi come differente in virtù di un insieme di caratteristiche, fisiche o culturali, che gli appartengono e che sono più o meno immutabili (CFR 2004-004N; una definizione simile a questa è adottata nella decisione CFR 2003-049N).

La razza come insieme di caratteristiche comuni
Il Tribunale di prima istanza del Cantone di Zurigo si discosta leggermente da questa definizione e stabilisce che la nozione di «razza» corrisponde a un gruppo di persone che presentano o alle quali sono attribuite caratteristiche biologiche comuni (CFR 1998-004N). Precisa esplicitamente che occorre tenere presente che, dal punto di vista scientifico, una suddivisione dell’umanità in razze diverse dev’essere considerata impossibile. Per questo motivo, una tale suddivisione può soltanto essere considerata un’astrazione arbitraria derivante da fenomeni sociali e storici, ma scientificamente infondata.

Tre interpretazioni di base

Mentre l’autorità di perseguimento penale del Cantone di Lucerna stabilisce che l’appartenenza a una razza è assegnata da terzi, la definizione del Cantone di Vaud aggiunge una dimensione supplementare a questa definizione e considera anche la concezione del gruppo interessato (CFR 2004-004N). Il Tribunale di prima istanza del Cantone di Zurigo, infine, stabilisce che la condivisione di alcune caratteristiche comuni è sufficiente per definire come razza un gruppo di persone.

Da queste definizioni è possibile dedurre due interpretazioni diverse della nozione di «razza»: la razza come criterio distintivo tra gruppi di persone attribuito da terzi o da persone appartenenti al gruppo e la razza come realtà intrinseca di un gruppo che presenta caratteristiche comuni. Nel primo caso, il riconoscimento di un gruppo come razza passa dalla percezione e dall’attribuzione, mentre nel secondo caso, il fatto che un gruppo possieda alcune caratteristiche comuni è sufficiente per far sì che sia riconosciuto come razza. Nel primo caso, un gruppo che presenta caratteristiche comuni non si può definire come razza, a meno che determinate persone non lo percepiscano come tale e non gli attribuiscano la definizione di razza. Senza questa attribuzione, il gruppo non costituisce una razza. Se ne può pertanto dedurre che, secondo questa interpretazione, la nozione di «razza» non esiste in maniera intrinseca nella realtà, ma rinvia unicamente all’attribuzione di questa qualità. Il Tribunale di prima istanza di Zurigo ammette invece l’esistenza delle razze. La differenza tra queste due interpretazioni è sottile, ma rivela punti di vista significativamente diversi.

Uso del termine «razza» nelle decisioni giudiziarie

Le autorità giudiziarie non seguono una prassi uniforme nell’uso della nozione di «razza» nelle decisioni e nelle sentenze che riguardano l’articolo 261bis CP. Mentre alcune differenziano l’uso del termine «razza» e lo corredano di espressioni destinate a prendere le distanze e a sottolineare che tale nozione deriva da un’astrazione sociale, altre non esitano a definire come razza alcuni gruppi di persone.

Il Tribunale di prima istanza del Cantone di Zurigo, ad esempio, utilizza la formulazione «persone di pelle scura, che secondo questa definizione rappresentano una razza ai sensi dell’articolo 261bis CP» (CFR 2003-049N). Il Tribunale federale utilizza una formulazione simile «i neri costituiscono una razza ai sensi di questa disposizione» (DTF 124 IV 121, 124). Il Tribunale di prima istanza del Cantone di Zurigo utilizza anche le espressioni «cosiddetta razza delle persone di pelle scura» (CFR 2003-027N) e «cosiddetta razza nera» (CFR 2000-058N). Queste formulazioni stabiliscono chiaramente che la nozione di «razza» proviene da un’astrazione sociale e da una percezione, interna o esterna, del gruppo.

L’autorità di perseguimento penale del Cantone di Neuchâtel descrive il personaggio di un disegno come «una persona di razza nera» (CFR 2003-050N). In modo analogo, il Tribunale di prima istanza del Cantone di Vaud si pronuncia sull’intenzione dell’autore e stabilisce che aveva intenzione di «prendersela con la razza nera» (CFR 2007-010N). L’autorità di perseguimento penale del Cantone di Zurigo parla altresì di «razza nera» (CFR 2013-014N). Tali formulazioni illustrano come questi tribunali individuino delle razze nel senso sociologico del termine e attribuiscano tale qualità ad alcuni gruppi di persone.

È importante notare che tutte le autorità giudiziarie, nel loro uso del termine «razza» si rifanno all'interpretazione sociologica proposta dal Consiglio federale. Nonostante ciò, le differenze nell’uso di questo termine mettono in risalto quanto sia complesso riferirsi a una nozione che può essere percepita con una connotazione razzista. Si può dedurre, data la varietà dell’uso del termine «razza», che l’infausta origine storica della parola ponga le autorità in una posizione difficile.

Le decisioni del Tribunale federale citate in precedenza fanno pensare che l’Alta Corte di Losanna propenda per riferimenti al termine «razza» accompagnati da indicatori di distanziamento. In effetti, questa posizione collima con la sua prima decisione inerente alla discriminazione razziale, secondo cui le autorità devono limitarsi a riconoscere che la distinzione è stata effettuata sulla base della razza e non pronunciarsi sull’esistenza delle razze o attribuire tale qualità a un gruppo (DTF 123 IV 202 e JdT 1999 IV pag. 34 e 38 seg.).

Chiarimenti sul contenuto della nozione di «razza»

Riferimento esplicito e sottinteso alla razza
In alcuni casi, le espressioni o i comportamenti litigiosi si riferiscono esplicitamente alla razza. Ne sono un esempio le affermazioni del tipo «la mescolanza razziale è genocidio» (CFR 2006-014N). In una situazione simile, è chiaro che la discriminazione è basata sulla razza e non occorre un’analisi più approfondita da parte delle autorità giudiziarie.

Tuttavia, per le autorità giudiziarie, non è necessario che l’autore si riferisca esplicitamente alla razza: basta che operi una distinzione basandosi su questa nozione. È per esempio il caso dell’affermazione secondo cui «non tutti i neri sono criminali, ma un’America senza neri sarebbe più sicura, più pulita e più ricca». In questo caso, il Tribunale federale ha ritenuto che «il messaggio se la prende con tutti i neri (...), unicamente perché sono neri (...). La razza, ai sensi dell’articolo 261bis CP, è caratterizzata segnatamente dal colore della pelle. Non vi sono quindi dubbi che i neri costituiscano una razza ai sensi di tale disposizione» (DTF 124 IV 121, 124). Seguendo lo stesso ragionamento, l’autorità di perseguimento penale del Cantone di Ginevra ha stabilito che «il termine ‹sporco negro› è chiaramente legato alla razza dal punto di vista della giurisprudenza» (CFR 2017-028N).

In quest’ultimo caso, in assenza di un’esplicita menzione della razza, è necessario identificare i criteri correlati alla razza per poter giudicare se la distinzione operata dall’autore sia stata fatta sulla base di questa caratteristica.

Criteri individuati dalla giurisprudenza
Allo scopo di chiarire l’articolo 261bis CP, le autorità giudiziarie cantonali hanno individuato diversi criteri correlati alla razza, tra cui figurano: un insieme di caratteristiche fisiche e/o culturali più o meno immutabili che sono proprie al gruppo (quali il colore della pelle, l’ascendenza, la lingua, le usanze, le abitudini) (CFR 2004-004N e CFR 1996-002N) e un insieme di caratteri ereditari comuni (CFR 2004-004N e CFR 2003-049N). Questi criteri sono legati tra loro e parzialmente sovrapposti.

Poiché si tratta di criteri vaghi, servirsene per determinare quali gruppi possono essere concretamente riconosciuti come razza ai sensi dell’articolo 261bis CP è un compito delicato. La prassi delle autorità giudiziarie fornisce chiarimenti pratici riguardo a tali criteri.

I tribunali riconoscono che la razza ai sensi dell’articolo 261bis CP è caratterizzata segnatamente dal colore della pelle (DTF 124 IV 121). Le espressioni, gli insulti e i comportamenti che operano una distinzione tra persone sulla base del colore della pelle sono quindi ritenuti discriminazioni riconducibili alla razza (p. es. CFR 2018-038N, CFR 2017-028N e CFR 2007-010N).

L’autorità di prima istanza del Cantone di Friburgo ha riconosciuto che denigrare le persone originarie dei Balcani (Balkanesen) costituisce una discriminazione basata sulla razza (CFR 2003-010N). Qui, il criterio di collegamento non è il colore della pelle, ma un insieme di caratteristiche, fisiche o culturali, proprie al gruppo e più o meno immutabili.

Le autorità giudiziarie seguono la prassi del Tribunale federale e stabiliscono che è irrilevante se i membri del gruppo presentino o meno le caratteristiche che rivendicano o che vengono loro attribuite (CFR 2016-007N e sentenza TF 6B_715/2012). Conta soltanto se la distinzione è operata sulla base di un concetto vietato ai sensi dell’articolo 261bis CP.

I tribunali svizzeri non hanno identificato altri gruppi che possono essere considerati come razza ai sensi dell’articolo 261bis CP. La distinzione tra razza e appartenenza etnica è sottile e talvolta difficile da cogliere. Nei casi limite, succede regolarmente che le autorità giudiziarie si limitino a constatare che l’espressione controversa opera una distinzione sulla base di un criterio vietato ai sensi dell’articolo 261bis CP, senza precisare se la distinzione si basi sulla razza o sull’appartenenza etnica.

Conclusione

Da quest’analisi emerge che le autorità giudiziarie cantonali sono reticenti o riscontrano difficoltà nello stabilire una definizione chiara e precisa del termine «razza». Si attengono pertanto alla prima decisione del Tribunale federale inerente alla discriminazione razziale, secondo cui i tribunali si limitano a riconoscere che è stata operata una distinzione tra persone in virtù della razza, ma non spetta a loro pronunciarsi sull’esistenza di razze diverse. Le autorità devono limitarsi a determinare i criteri inclusi nella nozione di «razza». Ma si tratta di un esercizio complesso e finora le autorità giudiziarie hanno chiarito questi criteri in misura molto limitata. È altresì possibile che l'assenza di una definizione precisa derivi dall’imbarazzo delle autorità nell’utilizzare questa nozione ancora profondamente caratterizzata da una connotazione razzista. Infatti, come è possibile definire un termine frutto di ideologie razziste senza convalidarlo? Tutti sanno che non sono le razze a creare il razzismo, bensì il razzismo a creare le razze. La questione è delicata e solleva diversi interrogativi filosofici, ma la priorità, dal punto di vista giuridico, è disporre di una protezione efficace contro la discriminazione ai sensi dell’articolo 261bis CP. Sebbene il chiarimento giuridico del termine «razza» soffra di questa mancanza di precisione e della confusione tra razza e appartenenza etnica, la protezione contro la discriminazione razziale non viene meno, e questo è l'aspetto più importante.

(1) Secondo la prassi comunemente diffusa, il termine «razza» viene scritto tra virgolette. Tuttavia, qui la nozione è utilizzata in senso giuridico e pertanto senza le virgolette.