Un’esercente di sale cinematografiche si è rivolta alla CFR per sapere se sia lecito rifiutare di vendere biglietti a estremisti di destra che indossano magliette con la scritta «Blood and Honour». Quando le è stato chiesto se gli interessati avevano avuto un comportamento violento, infastidito gli altri spettatori o proferito insulti razzisti, l’esercente ha risposto che no, non si erano mostrati aggressivi, ma che le magliette razziste le sembravano un motivo più che sufficiente per negar loro l’ingresso. La segreteria della CFR ha fornito all’interpellante un quadro della situazione giuridica e ha spiegato che indossare abiti con scritte o simboli razzisti non è vietato dalla norma penale contro la discriminazione razziale, sempre che non si faccia «pubblicità» per l’ideologia razzista veicolata. L’esercente avrebbe avuto argomenti validi per negare l’ingresso agli estremisti di destra soltanto se questi ultimi avessero fatto dichiarazioni razziste o si fossero comportati in modo incivile. In tal caso avrebbe potuto sporgere denuncia alla polizia o alla procura pubblica, che hanno l’obbligo di aprire un’inchiesta. La CFR ha spiegato all’esercente che poteva senz’altro interpellare gli interessati sul carattere razzista della scritta, ma ha raccomandato di procedere con prudenza per non mettere in pericolo sé stessa o altre persone.
Una donna indiana, domiciliata in Svizzera da parecchi anni, ha denunciato alla CFR il comportamento scortese e razzista di un agente del Corpo delle guardie di confine all’aeroporto di Zurigo-Kloten. Certa di non avere nulla da dichiarare, la donna ha imboccato il corrispondente «corridoio verde», sennonché la sua voluminosa valigia piena di regali per i familiari ha attirato l’attenzione di una delle guardie di confine. Stando al suo racconto, la donna è stata oggetto di un trattamento denigrante intollerabile: siccome non era in grado di indicare né il valore né il contenuto dei pacchetti, l’agente ha cominciato ad aprirli in malo modo. Durante il diverbio piuttosto lungo che ne è seguito, il bambino, che con il padre aspettava l’arrivo della madre, le è corso incontro. A quel momento la guardia ha pronunciato la frase: «Noi svizzeri dobbiamo pagare le tasse per questi bambini qua!». La CFR ha contattato il servizio federale competente e ha invitato la donna a presentare un reclamo all’Amministrazione federale delle dogane.
La segreteria della CFR è stata interpellata da una giovane donna di nazionalità svizzera impiegata in un ufficio cantonale. La donna accusava il proprio superiore di inveire contro i neri e gli stranieri apostrofandoli con epiteti razzisti come «negro» o «dannata austriaca». Dopo aver notato una fotografia del marito nero sulla scrivania dell’impiegata, il superiore ha cominciato a evitarla. Qualche settimana più tardi, la donna è stata licenziata per avere intenzionalmente gonfiato le ore di lavoro. La segreteria della CFR le ha consigliato di farsi rappresentare da un avvocato, di interporre ricorso contro il licenziamento e di segnalare gli episodi a sfondo razzista inviando una lettera alla direzione del dipartimento. Le ha inoltre suggerito di farsi consigliare da un centro di assistenza locale specializzato in casi di razzismo. Due collaboratori del servizio del personale cantonale hanno allora contattato la CFR per ottenere consigli su come svolgere le indagini. Malgrado numerosi testimoni abbiano confermato le espressioni riportate, il capodipartimento è giunto alla conclusione che erano state sì proferite parole pesanti, ma che le prove raccolte non erano sufficienti a dimostrare la fattispecie del razzismo. Il ricorso contro il licenziamento è stato respinto in quanto è stato possibile dimostrare che ogni giorno la giovane registrava mediamente quattro minuti in più del tempo di lavoro effettivo. È stato comunque deciso di approfondire la questione del linguaggio razzista in un corso di perfezionamento e di emettere un avvertimento nei confronti del superiore.
Un cittadino ha contattato la CFR dicendo di essere stato testimone di un controllo di polizia a suo avviso razzista. Stando alle sue dichiarazioni, un agente avrebbe piantato un ginocchio sulla schiena di un uomo di colore immobilizzandolo al suolo. Benché quest’ultimo non avesse opposto resistenza, l’agente lo avrebbe insultato dicendogli: «What do you say now, asshole?». Sempre secondo il testimone, il poliziotto, che era solo, sembrava stressato e ha chiesto più volte aiuto con la ricetrasmittente. Alcuni minuti dopo sono arrivati altri due poliziotti a bordo di un furgone e l’uomo è stato trascinato nel veicolo. L’interpellante ha scritto una lettera al comandante di polizia chiedendogli di accertare la vicenda nel dettaglio e di informarlo sui risultati della valutazione e sulle misure che la polizia municipale intendeva eventualmente adottare. La risposta ha disatteso le sue aspettative. Il comandante ha scritto che dal colloquio condotto con l’agente in questione è emerso che lo stesso si è trovato in difficoltà, fatto riconducibile in prima linea alla tattica d’intervento. Ha poi affermato di aver analizzato il caso con l’ufficiale responsabile della centrale operativa e adottato misure adeguate. Il cittadino, indignato, considera la risposta insoddisfacente perché non è stata avviata un’inchiesta penale. La CFR gli ha dato ragione e gli ha consigliato di rivolgersi a un avvocato.
Inizio paginaUltima modifica: 02.01.2019
La CFR gestisce una banca dati che raccoglie le decisioni e le sentenze pronunciate dal 1995 dalle diverse autorità giudiziarie svizzere in virtù dell’articolo 261bis del Codice penale.