Autore
Martine Brunschwig Graf è la presidente della Commissione federale contro il razzismo (CFR)
Quale preambolo al presente numero di Tangram, che tenta di definire il razzismo nel 2020, vorrei utilizzare come filo conduttore della mia prefazione una citazione del genetista francese Axel Kahn, che ci ricorda quanto segue sulla lotta al razzismo:
«È un combattimento di ogni gene- razione perché dietro al razzismo c’è malessere, inquietudine, riflessi di auto-difesa ... Sono comportamenti che si ripetono di generazione in generazione. Dal momento che si sa che è di ordine morale e filosofico, il combattimento contro il razzismo non può essere evidentemente fatto una volta per tutte. L’uguale dignità e l’uguale valore di ogni essere umano sono prodotti dell’educazione.»
Questa citazione risale al 2018: è valida oggi e lo sarà ancora in futuro. Il presente numero di Tangram, con il suo nuovo design, vuole essere pluralistico nelle sue opinioni e analisi, come quelli che lo hanno preceduto. Ogni autore fa pieno uso della sua libertà di analisi e di giudizio per cercare di individuare le costanti e le differenze del razzismo in epoche e circostanze diverse.
Al momento di decidere il tema, non sapevamo ancora degli effetti della pandemia che ha colpito il mondo intero e che non ha risparmiato la Svizzera. Al di là dei suoi effetti sanitari, sociali ed economici, la COVID-19 ha anche un’influenza sullo stato d’animo delle persone, e questo a sua volta ha un impatto sul razzismo e sulla discriminazione razziale. I riflessi di autodifesa menzionati da Axel Kahn portano al rifiuto dell’altro e di ciò che, in tempi di pandemia, si avverte come pericoloso.
A questo si aggiunge il pericoloso gioco di alcuni governanti, che designano il virus in base alla sua presunta origine geografica e non esitano a dargli un colore ben stereotipato. Non ci vuole molto per esporre alcuni gruppi della popolazione alla diffidenza e ad atteggiamenti discriminatori. In un’epoca di comunicazione globalizzata, i discorsi che si tengono dall’altra parte dell’Atlantico possono avere ripercussioni anche da noi; il razzismo non conosce confini.
Ne abbiamo avuto nuovamente la prova con le conseguenze della morte di George Floyd, un afroamericano morto asfissiato sotto il ginocchio di un poliziotto bianco dopo lunghi minuti di agonia. Questo episodio ha rafforzato Il movimento nato anni prima dalla rivolta provocata dal sentimento di impunità di cui sono testimonianza le ripetute violenze della polizia contro i neri negli Stati Uniti, e prodotto vive reazioni anche in Svizzera. La situazione è certamente diversa nel nostro Paese, ma questo non esime dal porsi alcune domande di fondo: in che misura le autorità, a tutti i livelli, si dotano dei mezzi per combattere il profiling razziale? Quale politica in materia di formazione di base e formazione continua consentirebbe alle forze dell’ordine di evitare qualsiasi discriminazione? Pur non avendo mai avuto colonie, il nostro Paese ha anch'esso tratto vantaggi economici e politici dal colonialismo e dalla tratta transatlantica degli schiavi. Come dobbiamo affrontare oggi questi temi se vogliamo condurre un dibattito proficuo in merito? Quali ricerche scienti- fiche potrebbero contribuire a migliorare le nostre conoscenze e a promuovere la consapevolezza? Con quali mezzi pedagogici si potranno sfruttare determina- ti simboli – statue, stemmi, monumenti ecc. – come spunto di dibattito invece di invocarne la distruzione?
Queste sono alcune delle sfide che si pongono oggi per far fronte al razzismo. Per la CFR e per chi si impegna a combattere la discriminazione razziale, il compi- to è ricco di sfaccettature. Il razzismo esiste, in Svizzera come altrove. Come ci ricorda Axel Kahn, ogni generazione deve combatterlo tenendo conto delle circostanze e dell’epoca in cui vive. Per la CFR, i giovani sono un gruppo target molto importante del lavoro di sensibilizzazione, soprattutto a scuola. Inoltre, il razzismo nella vita di tutti i giorni – osservato in modo ricorrente attraverso le testimonianze che pervengono in particolare ai centri di consulenza – merita appropriate disposizioni di diritto civile che oggi, però, mancano. Bisognerà rimettersi al lavoro per assicurare a tutti un accesso equo alla giustizia.
Il mondo è cambiato, così come la consapevolezza del razzismo. Curiosamente osserviamo però, da un lato, un maggiore riconoscimento del fenomeno da parte della popolazione, dall’altro, discorsi più veementi di rifiuto ad affrontare l’argo- mento. Ciò che viene detto e scritto nei social media e in Internet in generale ci concerne. La lotta al razzismo e alla discriminazione razziale passa oggi dalla restaurazione del rispetto per l’altro. Questo è un compito a lungo termine e ci riguarda tutti.