TANGRAM 43

Editoriale

Martine Brunschwig Graf è la presidente della Commissione federale contro il razzismo (CFR)

La CFR ha deciso di dedicare il presente numero di TANGRAM, l’unico di quest’anno, alla libertà di espressione nel contesto della lotta al razzismo. Come di consueto, ma a maggior ragione considerato il tema trattato, proponiamo alla vostra attenzione diverse opinioni, che non sono necessariamente quelle della CFR. L’importante è che ci sia un dibattito.

Non si può parlare di libertà senza parlare di responsabilità

Come scrive il filosofo Fernando Savater («Etica per un figlio»), «essere responsabili significa sapere di essere autenticamente liberi nel bene e nel male: accettare le conseguenze dei nostri atti …». Quello che vale per tutte le libertà, vale anche per la libertà di espressione. La Costituzione federale garantisce i nostri diritti fondamentali ed enumera le libertà che ne derivano. Tuttavia, il primo articolo del capitolo dedicato ai diritti fondamentali, l’articolo 7, stabilisce che «la dignità della persona va rispettata e protetta». L’articolo seguente sancisce il diritto all’uguaglianza e alla protezione dalla discriminazione. La Costituzione ci ricorda che tutti abbiamo diritti e libertà individuali, ma che dobbiamo esercitarli tenendo conto del fatto che viviamo in una società che richiede anche il rispetto dell’altro.

Vivendo in una società in cui tutti godono degli stessi diritti, abbiamo la responsabilità di esercitare i nostri rispettando quelli degli altri. È una responsabilità impegnativa che implica l’assunzione delle conseguenze dei nostri atti. È qui che interviene la norma penale contro il razzismo. L’ignoranza non è una scusa, e chi trasgredisce la legge dev’essere pronto a pagarne le conseguenze. È il prezzo di tutte le libertà, compresa la libertà di opinione.

Non sarebbe più efficace la libertà assoluta?

Secondo alcuni, la norma penale svizzera contro la discriminazione non è uno strumento efficace e sarebbe meglio una libertà pressoché assoluta come quella offerta dal Primo emendamento della Costituzione degli Sati Uniti. A quasi 25 anni dalla sua entrata in vigore, si può tuttavia affermare che la norma penale contro la discriminazione è stata applicata con estrema cautela e che la libertà di espressione è sempre stata un elemento portante dei dibattiti e delle decisioni delle autorità giudiziarie di ogni livello, compresa la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Una disposizione penale non basta certo a impedire i crimini, ma definisce i limiti posti dallo Stato per garantire nel complesso il rispetto dei diritti fondamentali ed evitare che gli uni possano essere esercitati a detrimento degli altri. Di tutt’altro segno la visione dominante negli Stati Uniti. Oltreoceano si ritiene infatti che il dibattito democratico debba essere un confronto aperto tra tutte le opinioni in cui sia consentito esprimere qualsiasi idea, comprese le più aberranti. Proprio in virtù di quest’apertura, la democrazia è vista già di per sé come un argine sufficiente a dissuadere dall’esprimere verbalmente o fisicamente il razzismo e dall’istigare all’odio. Nella realtà, quello che sta avvenendo negli Stati Uniti non è proprio l’ideale per convincerci della bontà dell’approccio…

Il rischio della complicità silenziosa

Reagire e rischiare di dare ancora maggior eco ad affermazioni vomitevoli o tacere rischiando di rendersi complici silenziosi e impotenti di dialoghi disgustosi? Chiunque consulti i social media si pone continuamente questa domanda. E non mi riferisco ai testi, alle parole e alle immagini palesemente perseguibili in virtù della norma penale contro il razzismo o in quanto lesivi della personalità. Le vie legali per sanzionare questi contenuti non mancano. Mi riferisco ai contenuti scientemente preparati in modo da evitare qualsiasi perseguimento penale ma non per questo meno lesivi della dignità delle persone o dei gruppi di persone attaccati.

La sfida è non lasciar credere che chi tace acconsente. Al di là degli strumenti legali, bisognerà trovare canali attraverso i quali poter utilizzare la libertà di espressione per far sentire la voce di chi pensa che esprimersi liberamente significhi anche rispettare la dignità umana.