TANGRAM 43

Fino a che punto arriva la «libertà di parola»? La giustizia statunitense rifiuta l’assistenza giudiziaria in un caso di palese antisemitismo

Autore

Theodora Peter

Il gruppo musicale svizzero di estrema destra «Mordkommando» ha caricato su YouTube alcune canzoni in cui si minacciano di morte gli ebrei. Un procedimento penale avviato in Svizzera è tuttavia fallito a causa di un veto del Dipartimento di giustizia americano, che si è appellato alla libertà di parola (freedom of speech) e ha vietato a Google di fornire volontariamente i dati.

Nel 2016 il gruppo rock neonazista «Mordkommando» ha caricato sul portale video di YouTube, una filiale di Google, una serie di canzoni intrise di odio e contenuti antisemiti. Nel mirino della band c’era anche il presidente della Federazione svizzera delle comunità israelite (FSCI), la quale – insieme ad altre parti interessate – ha sporto denuncia per minaccia e discriminazione razziale. La procura di Zurigo ha avviato un procedimento, ma ha dovuto interromperlo senza esito alla fine del 2018 perché il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, appellandosi al diritto costituzionale alla libertà di parola, aveva respinto la richiesta di assistenza giudiziaria presentata dai pubblici ministeri svizzeri. Secondo le autorità statunitensi, dalla domanda non emergeva inoltre se le persone prese di mira nei testi fossero realmente in pericolo.

Nonostante i risvolti frustranti del caso, la FSCI non ha voluto darsi per vinta ed è intervenuta direttamente presso YouTube e la sua casa madre Google. Entrambe si sono dimostrate cooperative, promettendo di comunicare volontariamente gli indirizzi IP dei video necessari per identificare gli autori. L’azienda californiana ha tuttavia rifiutato di trasmettere i dati direttamente agli inquirenti svizzeri, adducendo come motivazione che ci sarebbe voluta una richiesta formale da parte di un’autorità statunitense. Il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti non è venuto incontro alla Svizzera nemmeno su questo punto, argomentando che la comunicazione volontaria dei dati è consentita soltanto in casi di emergenza.

L’atteggiamento delle autorità statunitensi è incomprensibile anche per la magistratura zurighese, che si è detta sorpresa del fatto che le dichiarazioni palesemente antisemite siano considerate compatibili con la libertà di parola, come dichiarato dal pubblico ministero incaricato del caso alla «Neue Zürcher Zeitung» nel febbraio del 2019. A suo parere, gli autori avrebbero potuto essere identificati se le autorità statunitensi avessero accolto la richiesta di assistenza giudiziaria. Secondo la magistratura, è inoltre preoccupante che piattaforme come Google o Facebook decidano da sole quali contenuti comunicare volontariamente alle autorità incaricate del perseguimento penale.

La FSCI, dal canto suo, constata un numero crescente di messaggi di odio antisemita nelle reti sociali, per cui continuerà a sporgere denuncia in casi gravi ritenendo che sia per principio necessario intervenire con urgenza per combattere l’incitamento all’odio sulle piattaforme on-line.

Il Parlamento federale si sta occupando di una serie di interventi che chiedono un rafforzamento dell’applicazione della legge in Internet. Le grandi piattaforme web commerciali con oltre 200 000 utenti devono per esempio essere obbligate per legge a indicare un indirizzo di consegna in Svizzera e a pubblicarlo sul loro sito. In questo modo, le autorità svizzere avrebbero un interlocutore nel Paese e gli interessati saprebbero a chi rivolgersi in caso di reclami. La via dell’assistenza giudiziaria internazionale sarebbe comunque ancora necessaria, ma quanto meno le procedure risulterebbero accelerate.