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«La polarizzazione è un ostacolo alla lotta contro il razzismo»

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Oscar Mazzoleni è professore ordinario di scienze politiche alla Facoltà di scienze sociali e politiche dell’Università di Losanna, dove dirige l’Osservatorio della vita politica regionale e codirige il Laboratorio internazionale associato «Partiti, rappresentazioni politiche e sviluppo sostenibile».

Intervista a cura di Samuel Jordan

Che cosa significa il termine «polarizzazione» nel contesto delle scienze politiche? Dove ha origine e come si esprime in Svizzera? Rappresenta un pericolo per la nostra democrazia? Qual è l’impatto di questo fenomeno in crescita sulla coesione sociale e sulla lotta contro il razzismo nel nostro Paese? Intervista a Oscar Mazzoleni, professore ordinario di scienze politiche all’Università di Losanna.

Come definire la polarizzazione nel contesto delle scienze politiche?
Oscar Mazzoleni: La polarizzazione è un fenomeno complesso, il che può sembrare in contraddizione con l’idea stessa di semplificazione insita nella polarizzazione. Nel contesto delle scienze politiche possiamo individuare almeno tre possibili definizioni di questo termine. La prima è la forte affermazione dei poli di destra e di sinistra sullo scacchiere politico, soprattutto in termini di sostegno elettorale. La seconda è l’aumento del divario e dei punti di vista nettamente contrastanti su questioni socioeconomiche e culturali che sembrano centrali per la società. La terza è il ricorso più frequente a un linguaggio di rottura e a una cultura dell’antagonismo che trasforma gli avversari politici o alcuni gruppi sociali in nemici da screditare.

Sia in Svizzera che all’estero i media fanno ampio uso del termine «polarizzazione». Si tratta di un riflesso della realtà oppure di un’esagerazione dei media?
Direi un po’ entrambi. Da un lato, la polarizzazione è il risultato di trasformazioni sociopolitiche, di un divario culturale e sociale e di disuguaglianze sociali. Dall’altro, la stampa – in particolare quella scandalistica – tende a contribuire al fenomeno della polarizzazione. In che modo? Mostrando di voler dare spazio a un linguaggio che tende a semplificare e, talvolta, cercando lo scandalo. Non è certo una novità, ma questa tendenza è rafforzata dalla profonda trasformazione del panorama mediatico, anche in Svizzera. I media sono sottoposti a forti pressioni economiche che li spingono spesso a cercare di ampliare il proprio pubblico a qualunque costo. Per raggiungere questo obiettivo tendono a discostarsi dal «politicamente corretto» per prediligere invece un linguaggio che esalta i dissidi. Un approccio che incrementa le vendite.

Qual è l’origine di questa polarizzazione?
Se ammettiamo che ne esistono varie forme, ritengo che vi siano almeno quattro cause o condizioni che favoriscono e rafforzano il processo di polarizzazione. In primo luogo menzionerei l’aumento delle disuguaglianze e l’accelerazione delle trasformazioni sociali che fanno emergere frustrazioni e dibattiti nella società. Tutto ciò è accentuato dal fatto che, spesso, le autorità competenti non forniscono risposte credibili ai problemi di una parte della popolazione. In secondo luogo citerei l’indebolimento delle forze politiche moderate. Da qualche decennio, infatti, questi partiti devono fare i conti con una mancanza di fiducia e di interesse da parte del loro elettorato storico. Eppure, tradizionalmente, le forze politiche moderate tendono a contenere la polarizzazione degli estremi. Oggi, invece, vengono relegate a ruoli minoritari oppure hanno tendenza a scivolare verso sinistra o, più spesso, verso destra, in particolare su alcuni temi. In terzo luogo menzionerei l’aumento dei discorsi che veicolano ideologie populiste. Questa retorica, dai toni spesso sferzanti, considera che la società sia fondata su una logica di antagonismo e di profondo disaccordo tra «amici» e «nemici» e, in definitiva, su una strategia discorsiva basata sulla ricerca di capri espiatori che usurpano il benessere del popolo e della nazione. I nemici, ad esempio, possono essere la globalizzazione, la finanza o i flussi migratori. In quarto luogo, infine, citerei l’impatto della trasformazione tecnologica, di Internet e dei social media. Questi ultimi consentono la creazione di «bolle», di spazi isolati dove possono rifugiarsi microcomunità antagoniste. Queste bolle chiuse stabiliscono le proprie verità e le proprie opinioni alternative in disaccordo con il resto (e la maggioranza) della società, il che contribuisce a rafforzare la logica antagonista del populismo. La conseguenza è un rafforzamento della polarizzazione del dibattito.

Questa crescente polarizzazione del dibattito politico, sia a destra che a sinistra, indebolisce le democrazie?
Una certa dose di polarizzazione è funzionale alla democrazia. La democrazia, infatti, non è fondata sull’unanimità né sulla convergenza di idee ed opinioni a qualunque costo. È quindi intrinseca al dibattito politico, ma diventa un problema quando si scontra con una cultura politica condivisa e in particolare con i principi di tolleranza, riconoscimento e rispetto degli avversari politici. Se prevale la logica dell’annientamento degli oppositori e del disprezzo per chi la pensa diversamente, la cultura democratica ne esce indebolita. Quello che succede già da alcuni anni, per esempio negli Stati Uniti, mette in luce come la guerra ideologica renda fragili i valori condivisi che costituiscono la base dei nostri sistemi democratici.

Come giudica la polarizzazione del dibattito politico in Svizzera?
Siamo abituati a considerare la Svizzera il Paese del consenso. Tuttavia, una certa dose di polarizzazione del dibattito politico è inerente al sistema istituzionale. Nelle numerose iniziative popolari e nei referendum, il popolo è chiamato a dire «sì» o «no», senza vie di mezzo, e questo contribuisce regolarmente alla formazione di due campi opposti. A lungo, la polarizzazione è stata confinata alla democrazia diretta e a qualche votazione di misura. Tuttavia, da alcune legislature assistiamo a una polarizzazione del dibattito non soltanto sui temi delle votazioni (immigrazione, asilo, Unione europea), ma anche durante le campagne elettorali, soprattutto quelle federali. Le strategie di polarizzazione, infatti, sono viste come una leva efficace per raccogliere consensi. Assistiamo quindi a un aumento degli interventi oltraggiosi che danno luogo a denunce penali a causa di contenuti discriminatori. Va precisato che questa polarizzazione ha molto più a che fare con il marketing politico che con la gestione quotidiana del potere politico e istituzionale.

L’esercizio del potere in Svizzera è basato su un sistema di compromesso e consenso. Questa formula è in pericolo?
La democrazia diretta e le campagne elettorali sono terreno fertile per la polarizzazione, ma il sistema federale e il principio della collegialità del governo tendono a limitarne gli effetti. Il federalismo svizzero, con la sua frammentazione del conflitto e la sua struttura complessa, è infatti refrattario alla semplificazione polarizzante. È vero che talvolta i dibattiti in Parlamento assumono toni aspri, ma il sistema bicamerale con il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati, detto anche Camera dei Cantoni, tende a frenare e mitigare la polarizzazione. Inoltre, il principio della collegialità obbliga i membri del Consiglio federale a difendere le decisioni dell’Esecutivo anche quando contrastano con la linea del loro partito. Lo stesso vale per i governi cantonali. Questa situazione è anche la conseguenza di una realtà politica: nessun partito dispone di una vera e propria maggioranza e tutte le formazioni sono obbligate ad accettare compromessi per poter esercitare un’influenza politica.

La polarizzazione della politica è il riflesso della società in generale? Oppure è dovuta a personalità populiste forti che impongono la loro visione?
Le personalità populiste hanno spesso un ruolo centrale nella polarizzazione del dibattito pubblico. Tuttavia, per trasmettere i loro messaggi semplificatori che incarnano le aspirazioni e i desideri del popolo, questi leader devono poter sfruttare una base di incertezza sociale e aspettative frustrate.

Spesso la polarizzazione ha radici nelle questioni migratorie. Secondo Lei, la Svizzera gestisce bene la sua pluralità culturale?
La storia svizzera mostra che la gestione della pluralità culturale è tutt’altro che priva di ostacoli. Non dimentichiamo che la polarizzazione sui flussi migratori e sulla presenza di stranieri è tra i temi prioritari della politica svizzera da mezzo secolo. Il popolo svizzero vota regolarmente su questioni di politica migratoria fin dal 1970, anno dell’iniziativa Schwarzenbach contro «l’inforestierimento». Da allora, vi sono due campi opposti: coloro che considerano la presenza di persone straniere come un fattore di arricchimento sociale, economico e culturale della nostra società, e coloro che considerano l’immigrazione come una minaccia all’identità nazionale. Questo divario, che in parte si ricollega alla questione delle relazioni con l’Unione europea, continuerà ad essere uno dei fattori di polarizzazione politica in Svizzera nei prossimi anni.

La xenofobia pervade la retorica politica di alcune élite svizzere. In che modo questa espressione, talvolta spogliata di ogni complessità, influenza l’opinione pubblica?
Si può considerare la xenofobia, ovvero l’ostilità o la diffidenza nei confronti delle persone straniere, come un prodotto che si vende e si compra, e che quindi sottostà alla legge della domanda e dell’offerta. La retorica xenofoba, a prescindere dal fatto che sia utilizzata con convinzione o come mezzo per raggiungere un fine, negli ultimi anni è diventata piuttosto comune nel panorama politico svizzero. Per esempio, l’espressione «finti rifugiati», tabù per la maggior parte delle forze politiche negli anni 1990, oggi è stata normalizzata e si è ampiamente imposta. Tuttavia, occorre precisare che la situazione in Svizzera non ha nulla di eccezionale: questo fenomeno, infatti, caratterizza l’evoluzione politica recente su tutto il continente europeo.

Come si spiega che l’attualità internazionale, ad esempio la crisi nel Vicino Medio Oriente, contribuisca a tal punto alla polarizzazione dei dibattiti interni alla Svizzera?
Al giorno d’oggi, la separazione tra politica interna ed estera non esiste più. A causa della globalizzazione della comunicazione mediatica, qualunque evento esterno alla Svizzera può avere ripercussioni imprevedibili sul nostro Paese, talvolta fino a modificarne l’agenda politica. Questo vale specialmente per le crisi, come il disastro nucleare di Fukushima nel 2011, che è stato in grado di rimettere in discussione la nostra politica energetica. O per i conflitti armati, come la guerra russo-ucraina e la crisi nel Vicino Oriente, che hanno fatto emergere opinioni contrapposte anche in Svizzera. Le crisi generano incertezza e portano a riposizionamenti ideologici e politici. La polarizzazione ne esce trasformata e, al tempo stesso, rafforzata.

«Wokismo», «cultura della cancellazione» o «appropriazione culturale» sono concetti recenti utilizzati in lungo e in largo, che oggi si trovano al centro del dibattito politico. In che modo contribuiscono ad alimentare la polarizzazione?
La denuncia del «wokismo», una nozione che proviene dagli Stati Uniti, è un tentativo di rispondere polemicamente alla mobilitazione femminista, alla critica del razzismo strutturale, alla difesa della diversità culturale e sessuale. Di fronte alle critiche, talvolta aggressive, dei rapporti di potere, la denuncia del wokismo è un modo semplicistico di difendere i valori tradizionali. Sebbene l’opposizione al wokismo incarni una nuova forma di polarizzazione ideologica, occorre precisare che la difesa dei valori tradizionali non è appannaggio della destra populista, bensì è praticata anche da alcune correnti di sinistra.

Come giudica gli effetti della polarizzazione sulla coesione sociale e sulla lotta contro il razzismo in Svizzera?
Le fratture sociali favoriscono la polarizzazione, che a sua volta alimenta le fratture sociali sotto forma di antagonismo e talvolta di disprezzo dell’altro. È un po’ un serpente che si morde la coda, per cui non si può negare che l’aumento della polarizzazione crei un certo numero di ostacoli alla lotta contro il razzismo. Evitare le strumentalizzazioni o prendere le distanze dai poli che si contrappongono nell’arena politica, in occasione sia delle campagne referendarie che delle elezioni, è particolarmente arduo.