TANGRAM 34

Editoriale

Martine Brunschwig Graf è la presidente della Commissione federale contro il razzismo (CFR)

Si può ridere di tutto? La risposta non è facile.

Spontaneamente si sarebbe tentati di rispondere di sì, perché la libertà di ridere e di far ridere merita di essere garantita e preservata. Ma non è tutto così semplice. Far ridere non è una cosa innocente. Il bersaglio scelto, le parole e i gesti usati, il tono di voce: tutto può prestarsi a controversie. Ecco perché la CFR ha deciso di dedicare questo numero di TANGRAM all’umorismo, al suo ruolo e al suo impatto nell’universo della lotta al razzismo.

«L’uomo illuminato si astiene dall’elogio e dalla censura. Sa che sull’arte, lo spirito e i gusti l’opinione di uno solo non è legge per tutti. Sa che per giudicare la regola migliore è attendere e che la decisione del pubblico è l’unica che resta.» Così scriveva il drammaturgo Jean-Baptiste Gresset nel 1747 … Questa riflessione non ha perso niente della sua attualità e si addice perfettamente ai dibattiti sugli spettacoli di Dieudonné, il comico condannato a più riprese in Francia per il carattere antisemita del suo umorismo.

Bisogna vietare a priori uno spettacolo se per esperienza si può temere che contenga elementi di natura chiaramente razzista? La Francia ha deciso di sì. In Svizzera ci si è opposti finora alla censura a priori, ben sapendo che è sempre possibile intervenire duramente a posteriori. A parte i motivi di natura giuridica, è chiaro che il timore che praticando la censura si finisca per dare credibilità alle opinioni che si vogliono attaccare ha certamente il suo peso nell’atteggiamento più prudente del nostro Paese.

Ma bisogna porsi anche altre domande. Per esempio, come si fa a sapere che non si è più in presenza di umorismo, ma di razzismo? E come si può essere sicuri che la persona che accusiamo di razzismo non stia invece denunciando il razzismo, sia pure con una rudezza tale da far pensare il contrario?

Non ci sono regole assolute perché l’intenzione e il contesto rivestono un’importanza fondamentale nella valutazione. L’umorismo non deve essere uno strumento per violare la dignità altrui né un mezzo per propagandare e diffondere la denigrazione o la negazione dell’Altro.

«Non c’è nulla di comico al di fuori del propriamente umano», scrisse Bergson. L’umorismo è dunque una questione tra esseri umani, tra chi lo produce e chi ne è oggetto, direttamente o indirettamente. Per saper ridere e far ridere è necessaria una profonda conoscenza di sé e un grande rispetto degli altri.

La vera comicità non sa che farsene di battute mediocri e di sedicenti comici d’intelligenza e sensibilità mediocri.