TANGRAM 39

«The Last Swiss Holocaust Survivors». La storia scolpita sui volti degli ultimi testimoni diretti

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Anita Winter è la fondatrice della Gamaraal Foundation, il cui scopo principale è sostenere finanziariamente i sopravvissuti all’Olocausto che vivono in povertà nel nostro Paese.
ausstellung@gamaraal.org

Secondo stime basate sui dati disponibili, in Svizzera vivono ancora circa 450 persone sopravvissute all’Olocausto, ma si ha ragione di pensare che siano molte di più. L'esposizione «The Last Swiss Holocaust Survivors», organizzata dalla Gamaraal Foundation fondata da Anita Winter, dà loro un volto.

Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo mostrare che quello che è stato non ci è indifferente. Per me, che sono figlia di profughi ebrei scampati all’Olocausto che hanno avuto la fortuna di costruirsi una nuova esistenza in Svizzera, è questa la grande sfida. È compito della nostra generazione tramandare il ricordo ed è compito della nostra generazione tramandare anche il «mai più»! Dobbiamo essere grati a ogni sopravvissuto che ha ancora la forza di parlare delle sue indicibili esperienze – anche se con un filo di voce.

L’esposizione «The Last Swiss Holocaust Survivors» è una delle ultime occasioni per raccogliere la testimonianza dei sopravvissuti all’Olocausto residenti nel nostro Paese. Ormai sono quasi tutti molto anziani: per questo è tanto importante non perdere la possibilità di ascoltarne il racconto – per conservarne la memoria e l’implicito monito. Fulcro della mostra sono i loro volti, ripresi dal pluripremiato fotografo Beat Mumenthaler. I sopravvissuti non sono ritratti nel loro ruolo di vittima, ma come persone sui cui volti segnati è scolpita la terribile storia della loro vita.

Le persone ritratte danno un’immagine dei sopravvissuti all’Olocausto ancora in vita nel nostro Paese (secondo le stime circa 450, ma probabilmente molti di più). Originarie dei più svariati Paesi europei, molte di loro sono vissute in campi di concentramento e sterminio, altre si sono tenute nascoste, per esempio in conventi. Poiché la Svizzera nel 1939 chiuse le frontiere ai profughi, sono molto pochi i sopravvissuti che riuscirono a fuggire nel nostro Paese durante la guerra. La maggior parte arrivò più tardi, chi durante i moti d’Ungheria del 1956, chi nel 1968, dopo la repressione della primavera di Praga.

La fine della guerra liberò i sopravvissuti dalle violenze fisiche e dal costante pericolo di morte, ma non dalle gravi ipoteche irrimediabilmente destinate a condizionarne il futuro. Tutti loro – spesso dopo aver visto sterminare la propria famiglia – dovettero reimparare a vivere normalmente, a fondare una famiglia, a intraprendere una carriera professionale. Le loro biografie ne documentano la ferrea volontà di condurre una vita il più possibile normale, ma anche l’impossibilità di superare il trauma e di elaborarne il profondo lutto a dispetto dello scorrere del tempo. Una sofferta ambivalenza di cui sono fedele testimonianza i videoritratti realizzati con molta sensibilità dal regista Eric Bergkraut.

L’esposizione è destinata soprattutto ai giovani e intende tener viva la memoria della Shoah e far capire a cosa può condurre il risorgere dell’antisemitismo che si constata un po’ dappertutto. La memoria dell’Olocausto intende però anche ricordare le terribili conseguenze in cui possono tradursi esclusione, razzismo e xenofobia in generale.

L'esposizione «The Last Swiss Holocaust Survivors» potrà essere visitata al Kornhausforum di Berna dal 18 ottobre al 25 novembre 2017 e all’Università di Basilea dal 4 al 24 dicembre 2017.
www.last-swiss-holocaust-survivors.ch