Sintesi dell'articolo
«Müssige Debatte um geeignete Definition von Antisemitismus. Die Working Definition of Antisemitism und ihre Entstehung» (tedesco)
Autore
Titolare di un dottorato di ricerca, la storica tedesca Juliane Wetzel lavora al Centro per la ricerca sull’antisemitismo dell’Università tecnica di Berlino. juliane.wetzel@asf.tu-berlin.de
A tutt’oggi, la comunità internazionale non è ancora riuscita ad accordarsi ufficialmente su una definizione vincolante del termine di antisemitismo. Con la «definizione operativa di antisemitismo» elaborata dal Centro di monitoraggio europeo sul razzismo e la xenofobia (EUMC) è stato però prodotto un documento di riferimento per autorità, politica e consultori di grande utilità per la rilevazione degli episodi di ostilità antiebraica.
Secondo la definizione, «l’antisemitismo è una certa percezione degli Ebrei che può essere espressa come odio per gli Ebrei. Manifestazioni retoriche e fisiche dell’antisemitismo sono dirette a individui ebrei e non ebrei o ai loro beni, a istituzioni comunitarie ebraiche e ad altri edifici a uso religioso». Il passaggio sull’antisemitismo riferito a Israele («In aggiunta a quanto detto, queste manifestazioni possono colpire lo Stato d’Israele, concepito come una collettività ebraica») è stato oggetto di controversie e per questo precisato con la frase seguente: «D’altro canto, le critiche rivolte a Israele che sono simili a quelle mosse a qualsiasi altro Paese non possono essere considerate antisemite».
Nonostante le critiche suscitate dai riferimenti a Israele, la «definizione operativa di antisemitismo» è uno strumento molto utile per tutti coloro che, nell’attività quotidiana devono procedere a categorizzazioni. Studiare una definizione ancora più adeguata di antisemitismo è inutile. E fa sorgere il dubbio che la continua richiesta di precisazioni altro non sia che una strategia per limitare l’applicabilità del termine.