Berset, Alain
Gentili Signore, Egregi Signori,
al contrario di altri Paesi europei, la Svizzera non conosce società parallele. Nel corso della nostra storia siamo sempre riusciti a colmare i fossati – linguistici, sociali o, appunto, religiosi. Le dimensioni ridotte, gli incontri quotidiani a scuola o sul lavoro e non da ultimo la struttura federalista ci aiutano da sempre a integrare con successo le minoranze nella nostra società.
Già da parecchio tempo vivono e lavorano con noi persone appartenenti alla comunità musulmana. Prestano servizio militare o civile, pagano le tasse e i premi delle casse malati. Alcuni sono praticanti e frequentano le moschee, altri non sono religiosi e si limitano a celebrare le festività più importanti, come fanno molti cristiani.
Negli ultimi anni, tuttavia, si è diffusa un’immagine tetra dell’Islam di cui anche i nostri musulmani pagano le conseguenze – sotto forma di sospetti aprioristici o rifiuti istintivi del contatto. E quest’animosità ferisce soprattutto quelli che non hanno alcuna affinità con l’islam politico, ma desiderano soltanto una convivenza fruttuosa e pacifica come tutti noi.
Per questo oggi è quanto mai necessario non confondere la legittima discussione su valori e principi con l’ostilità verso i musulmani – cioè l’atteggiamento di chi ritiene l’Islam responsabile di tutti gli atti estremistici perpetrati in suo nome.
Nel nostro Stato vige la libertà di religione. Questo significa che tutti devono poter praticare la propria religione senza essere discriminati, nel rispetto della pace religiosa e dei diritti fondamentali. Ma significa anche che qualsiasi tradizione o pratica religiosa può essere discussa criticamente. La libertà d’opinione e il dialogo sono le fondamenta di una società aperta e moderna. Il convegno della Commissione federale contro il razzismo li promuove entrambi.
Auguro alle partecipanti e ai partecipanti discussioni interessanti e proficue.
Alain Berset
Consigliere federale, capo del Dipartimento federale dell’interno