Veronica Galster, licenziata in scienze politiche, è giornalista.
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Paolo Guglielmoni e Flavio Sala sono nati e cresciuti in Ticino, dove vivono e lavorano. Da anni animatori di Rete Tre, il terzo canale della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana RSI, dal 2007 impersonano nei loro sketch il doganiere ticinese Loris J. Bernasconi e il frontaliere comasco Roberto Bussenghi, i «Frontaliers». Personaggi che raccontano l’incontro/scontro tra Svizzera e Italia e che riescono a far sorridere su un tema spinoso come quello del frontalierato, riscuotendo un grande successo al di qua e al di là del confine.
Paolo Guglielmoni e Flavio Sala, com’è nata la saga dei Frontaliers?
È nata in radio, a Rete Tre RSI. Abbiamo creato due personaggi comici, la severissima guardia di confine Loris J. Bernasconi e il pimpante frontaliere Bussenghi, per far ridere il pubblico della radio. Quando siamo passati al video, con la televisione e la pubblicazione del DVD (40 000 copie vendute ai valichi Italia-Svizzera grazie alla collaborazione con le Guardie di Confine Regione Ticino) Bernasconi e Bussenghi sono diventate due maschere popolari insubriche, utilizzate anche nel linguaggio comune sul territorio di frontiera: Svizzera italiana, Varese, Como e Luino. Con YouTube siamo arrivati a Milano e, in qualche caso fortunato, più giù lungo lo stivale.
Se Bussenghi e Bernasconi sono, col tempo, cresciuti, devono dire grazie al Servizio pubblico. Le cose che diciamo - usando come chiave l’umorismo - rappresentano i valori in cui la SSR si riconosce. Non alimentiamo il litigio, ma il dialogo tra parti «avverse» attraverso il confronto. Non prendiamo partito, non siamo con o contro. Raccontiamo la (nostra) realtà.
«Frontaliers» parla di una cosa che tutti conoscono: la dogana. Da noi, nella Svizzera italiana, è una frontiera anche mentale. Ce li abbiamo nel DNA, i cliché: noi quando pensiamo agli Italiani; gli Italiani quando pensano a noi. I «Frontaliers» RSI intendono suscitare un dibattito culturale, non politico, basato sulla scarsa voglia di entrambe le parti in gioco di conoscersi reciprocamente, nonostante la vicinanza geografica e tanti punti in comune, lingua in primis. Quello dei reciproci pregiudizi è tema su cui si può far ridere e riflettere. Il successo dell’ultimo DVD (2011) dice che con «Frontaliers» Svizzeri e Italiani, prima che del «rivale», ridono di se stessi. Non a caso, nessuno schieramento politico ci ha mai strumentalizzati.
Voi fate ridere gli altri con i vostri personaggi, ma a voi cosa fa ridere?
Tutto. Ogni momento della vita, come ha dimostrato Chaplin, può essere comico. Si può ridere di cose leggere e profonde. Solo osservare la gente mette allegria. Per noi è così. Siamo sempre, anche inconsapevolmente, alla ricerca di spunti.
Dopo la gavetta a Rete Tre RSI, dopo aver realizzato sketch radiofonici di ogni tipo, è con una satira di costume che ci siamo fatti conoscere dalle nostre parti, in Italia e, con la trasmissione nazionale SSR del 1° agosto, anche oltre Gottardo. Abbiamo fatto centro così, ma la nostra voglia di ridere e far ridere non si ferma a un unico ambito umoristico.
Secondo voi, si può ridere di tutto o quando create i vostri sketch vi fissate dei limiti per non rischiare di offendere nessuno?
«Frontaliers» dimostra che si può ridere di tutto. Avere paura di offendere, non deve essere un limite perché se il lavoro è fatto a regola d’arte, prendersela o non prendersela diventa una scelta di chi a turno finisce nei nostri sketch. Crediamo però (e in questo ancora una volta il servizio pubblico aderisce perfettamente ai nostri valori personali) che il comico debba chiedersi sempre dov’è il confine, dov’è la sua «dogana». Chi ha troppo potere finisce per abusarne. Se il comico non si cura delle conseguenze delle sue azioni, finisce per prendersi troppo sul serio, sopravvalutarsi e indulgere nell’errore. «Male non fare, paura non avere». Il diritto di satira deve essere sì garantito, ma il comico non può usare questo diritto per colpire indebitamente i suoi «bersagli».
Se uno di voi fosse frontaliere, pensate che potreste spingervi oltre i limiti che vi fissate come ticinesi?
Flavio Sala: Io sono nato e cresciuto in Ticino, ad Agarone, ma il mio personaggio, Roberto Bussenghi da Usmate-Carate, viene già percepito dal pubblico come vero frontaliere. Questo è dovuto alla caratterizzazione della voce, molto aderente all’inflessione della zona di Como. Per rispondere direttamente, credo che forse un vero frontaliere tenderebbe a radicalizzare il confronto, così come forse farebbe una vera guardia di confine svizzera. Come dicevamo più sopra, un comico che non ha conti in sospeso da saldare può offrire un punto di osservazione nuovo e costruire un terreno d’incontro che poggia proprio sull’umorismo.
Con l’umorismo si possono combattere i pregiudizi?
Ne siamo convinti, ma con l’umorismo si può anche essere violenti, alimentando un conflitto già in essere. La comicità può, certo, servire a smascherare i pregiudizi e le ipocrisie, ma se con quella verità alimenti solo rabbia e violenza? È una domanda importante, la risposta non è ovvia. Il servizio pubblico SSR, nel nostro caso la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, ci aiuta a orientarci. Per mandato, dobbiamo realizzare programmi che facilitino l’incontro e non lo scontro. La coesione del tessuto sociale e non il suo sfaldamento. Questo non significa che dobbiamo vietarci soggetti controversi. Il discrimine è come li trattiamo.
Credo che «Frontaliers» sia un buon esempio di come si possa provocare il pubblico - sui pregiudizi che ci accompagnano nella crescita di qua e di là della frontiera - senza per questo radicalizzare i fronti su un tema già caldo. Anzi, facendoli proprio incontrare, Svizzeri e Italiani.
Il prossimo progetto dei «Frontaliers»?
Dal 9 dicembre saremo in tutte le filiali di Migros Ticino e agli sportelli dei principali comuni del Grigioni italiano con un nuovo DVD dedicato alla lingua italiana. Bernasconi & Bussenghi contribuiranno a sostenere un articolato progetto RSI - radio, tv, web & social, DVD - legato alla promozione dell’Italiano, iscritto nella nostra Costituzione come lingua nazionale, ma sempre più minoritario a livello federale.
«Nicht verletzen, keine Angst haben»
(versione corta)
« Ne blesser personne, ne craindre aucun sujet »
(versione corta)