TANGRAM 39

Il duro destino di chi aiutava gli Ebrei

Sintesi dell'articolo
«Das harte Los der Judenretter. Schweizern, die sich im Zweiten Weltkrieg für Flüchtlinge einsetzten, blieb die Anerkennung lange versagt» (tedesco)

Giornalista e redattore degli interni della Neue Zürcher Zeitung, Jörg Krummenacher è l’autore di «Flüchtiges Glück», un libro sui profughi nel Cantone di confine di San Gallo all’epoca del nazionalsocialismo.
j.krummenacher@nzz.ch

I molti Svizzeri che hanno aiutato profughi ebrei a sfuggire alla furia nazista hanno pagato il loro coraggio con condanne penali ed emarginazione sociale. Ci sono voluti decenni prima che il nostro Paese riconoscesse il loro impegno contro l’antisemitismo e si è dovuto attendere fino al 2003 per l’adozione di una legge che annullasse le sentenze penali a loro carico. Grazie a questa legge sono infine state riabilitate 137 persone, i cui nomi però sono rimasti perlopiù sconosciuti al grande pubblico. Il nome più noto è quello del comandante della polizia sangallese Paul Grüninger, che nel 1938 aveva fatto entrare illegalmente nella Svizzera orientale circa 3000 profughi ebrei e che è stato riabilitato politicamente e giuridicamente negli anni 1990. Piuttosto conosciute sono anche le azioni di salvataggio organizzate dai diplomatici Carl Lutz e Ernst Prodolliet.

Viceconsole svizzero a Budapest, nel 1944 Carl Lutz diresse con il diplomatico svedese Raoul Wallenberg il più imponente salvataggio di Ebrei della Seconda guerra mondiale. I due funzionari emisero decine di migliaia di falsi lasciapassare grazie ai quali la maggior parte degli Ebrei di Budapest poté sfuggire alla deportazione. Il viceconsole a Bregenz Ernst Prodolliet, dal canto suo, si adoperò per aiutare i fuggiaschi. Conosciuto come funzionario severo nel rilascio dei visti, ne emise invece molti di illegali. In una sola notte salvò 300 profughi, perlopiù giovani, permettendo loro l’ingresso e il transito in Svizzera in modo che potessero imbarcarsi su una nave per la Palestina in partenza dall’Adriatico.

A Berna entrambi i diplomatici furono oggetto di biasimo e il loro impegno non giovò alla loro carriera. Il Consiglio federale ne riconobbe i meriti e li riabilitò ufficialmente soltanto nel 1995 – molti anni dopo la loro morte e mezzo secolo dopo la fine della Seconda guerra mondiale.