Sintesi dell'articolo
«Oft wird Humor mit Spott verwechselt» (tedesco)
Urs Güney ha studiato germanistica e assolto un praticantato di un anno al Servizio per la lotta al razzismo SLR. Attualmente scrive come giornalista indipendente per NZZ Campus e altre pubblicazioni.
urs_gueney@gmx.ch
Thomas Meyer chiarisce subito che l’umorismo ebraico è un costrutto dei gentili. Che gli Ebrei siano dotati di un umorismo specifico è uno stereotipo, esattamente come l’idea che siano particolarmente avidi di danaro o particolarmente intelligenti. Dallo stereotipo alla caratteristica ereditaria il passo è molto breve. Così, se un ebreo ha successo negli affari è perché ha ereditato avidità e furbizia, mentre un non ebreo che ha lo stesso successo è semplicemente dotato di talento commerciale. Basti pensare a come viene spesso interpretato il successo degli Ebrei a Hollywood. Ma gli stereotipi possono assumere anche contorni grotteschi e paranoici, per esempio in chi è convinto dell’esistenza di una «congiura giudaica». Meyer ha raggiunto la notorietà con un romanzo ambientato tra gli ebrei ortodossi di Zurigo (Wolkenbruchs wunderliche Reise in die Arme einer Schickse). L’autore descrive la sua opera prima come un’affettuosa parodia priva di qualsiasi intento derisorio e non crede di perpetuare stereotipi soltanto perché nel suo romanzo si serve di cliché. Secondo lui, l’idea che l’uso dei cliché rafforzi gli stereotipi antisemiti è fondata sull’illusione che i pregiudizi si possano abbattere con la ragione. E gli dà fastidio che si chieda agli Ebrei di abbattere pregiudizi creati da altri. Meyer è contento se il suo libro ha successo perché la cultura ebraica incuriosisce, ma sottolinea di non averlo scritto per promuovere la comprensione tra i popoli. E nemmeno intendeva contribuire alla prevenzione degli stereotipi, dal momento che resta scettico sulle possibilità di successo di una sensibilizzazione in tal senso. Secondo lui gli schemi di pensiero antisemiti, quando sono espressi, sono spesso riprodotti inconsciamente.