TANGRAM 35

Il razzismo visto dai giovani

Autore

Gladys Rastorfer è una giornalista indipendente.
gladys.rastorfer@gmail.com

Affrontare il problema del razzismo e questioni correlate quali l’umorismo e l’utilizzo di Internet con dei giovani losannesi di 19 anni significa scoprire un mondo ricco di paradossi. Essendo stati sensibilizzati sin da piccoli alle differenze e al rispetto tra le comunità, essi si sentono a maggior ragione legittimati a giocare con gli stereotipi relativi a razze e gruppi sociali, specialmente per riderci sopra.

Il problema del limite fino al quale si può spingere l’ironia è tuttavia sempre in agguato. L’umorismo è un paravento, un catalizzatore o una valvola di sfogo per il razzismo? A questo proposito, le opinioni divergono ed emergono i paradossi. Se da un lato i giovani interpellati si dicono capaci di ridere di tutto, in particolare della Shoah, dall’altro alcuni di loro ritengono inaccettabile prendersi gioco della religione, soprattutto quando si tratta delle caricature di Maometto.

In parte, simili affermazioni paradossali sono una conseguenza diretta dell’ampia circolazione in Internet di teorie del complotto di ogni sorta. Anche quando vengono recepite in modo superficiale, queste teorie finiscono comunque per sedimentarsi nelle coscienze, per poi riaffiorare come delle verità acquisite nelle chiacchierate tra amici. E il fenomeno sembra essere indipendente dal livello di istruzione.

I giovani sono per contro molto prudenti quando si esprimono sui social media. È più facile che facciano battute a sfondo razzista o antisemita parlando tra loro che su Internet, ed è forse proprio questo approccio che li distingue dalle generazioni precedenti.