Sintesi dell'articolo
«20 Jahre Rassismusstrafnorm – ein Blick in die Rechtspraxis» (tedesco)
Autori
Tarek Naguib, giurista, è collaboratore scientifico della Scuola universitaria di scienze applicate di Zurigo ZHAW. tarek.naguib@gmail.com
Giulia Reimann, MLaw, è collaboratrice scientifica all’Università di Zurigo e ha svolto un praticantato di un anno in diritto alla CFR.
giulia.reimann@rwi.uzh.ch
Nel 1994 il Popolo si è espresso a favore dell’articolo 261bis del Codice penale (CP), consentendo alla Svizzera di aderire alla Convenzione dell’ONU contro la discriminazione razziale. Introdotta per perseguire la «discriminazione contro una persona o un gruppo di persone per la loro razza, etnia o religione», questa norma penale non ha tuttavia un carattere meramente repressivo, ma assolve anche una funzione preventiva e simbolica. L’articolo 261bis CP non sanziona le opinioni razziste personali, ma proibisce unicamente gli atti discriminatori. Per essere punibili, questi atti devono essere pubblici e risultare gravemente denigratori o lesivi della dignità umana. Malgrado la giurisprudenza in materia si sia consolidata negli ultimi 20 anni, rimangono ancora delle questioni aperte: chi è tutelato dall’articolo 261bis CP e chi no? La norma è tacciata di essere troppo vaga. Per alcuni limita in misura eccessiva la libertà di espressione, mentre per altri non è abbastanza incisiva. A tali critiche si può obiettare che in questi 20 anni i tribunali hanno applicato la norma valutando le situazioni caso per caso e tenendo conto dei vari interessi in gioco in base alla prassi vigente a livello internazionale in materia di tutela dei diritti umani. L’attuazione della disposizione si rivela talvolta difficile, ciò che può suscitare grande delusione nelle vittime. Tale situazione può, ad esempio, essere dovuta a difficoltà probatorie, a una mancanza di sensibilità delle autorità di perseguimento penale o ad altre difficoltà di accesso alla giustizia. Considerata la diffusione della discriminazione, sarebbe cruciale rafforzare ulteriormente la tutela giuridica contro tutte le manifestazioni di questo fenomeno, senza limitarsi agli episodi di razzismo. In particolare nell’ambito del mercato del lavoro e dell’alloggio, ma anche in altri contesti, la normativa vigente offre infatti una protezione insufficiente.