Sintesi dell'articolo
«Fortschritte trotz fehlender Verbindlichkeit» (tedesco)
Autore
Pedagogista e docente al Dipartimento di lavoro sociale della Scuola universitaria di scienze applicate di Zurigo (ZHAW), Miryam Eser Davolio, Dr. phil. I, svolge ricerche e tiene corsi su estremismo, violenza giovanile, migrazione, integrazione e problemi sociali. eser@zhaw.ch
Nel panorama svizzero dell’istruzione, il concetto di pedagogia antidiscriminatoria è ancora poco radicato, anche se si potrebbe pensare che, in una nazione quadrilingue e con un alto tasso di stranieri, l’educazione alla tolleranza e al rispetto reciproco abbia necessariamente una lunga tradizione. Rispetto ai Paesi dell’UE, in Svizzera l’educazione antirazzista fatica ad attecchire e non è mai riuscita a entrare in pianta stabile nei piani di studio della scuola dell’obbligo.
Malgrado la mancanza di un carattere vincolante, negli ultimi vent’anni sono stati tuttavia compiuti progressi. La Confederazione, per esempio, sostiene progetti contro il razzismo destinati a scuole e organizzazioni giovanili, promuovendo così l’impegno e la creatività nello sviluppo di un sistema educativo antirazzista. I piani di studio, dal canto loro, offrono margini che possono essere utilizzati per contenuti di questo tipo. La situazione è migliore nell’istruzione per adulti: soprattutto nei cicli di formazione dei settori sociale, sanitario e pedagogico, i futuri professionisti acquisiscono competenze interculturali.
L’educazione antirazzista è un compito impegnativo che richiede un’autoriflessione sistematica se si vuole evitare il rischio di cementare le proiezioni e i pregiudizi correnti. Occorre anche un cambio di prospettiva: anziché affrontare le differenze culturali, sarebbe opportuno concentrarsi maggiormente su problemi di natura politica ed economica, in particolare sulla povertà e sulla mancanza di parità.