Autore
Dottoressa in diritto, Nora Refaeil promuove processi di cambiamento sistemico e accompagna istituzioni, organizzazioni, comunità e individui nelle situazioni di trasformazione. Avvocata, mediatrice, moderatrice ed esperta di coaching con oltre 20 anni di esperienza in ambito nazionale e internazionale, insegna all’Università di Basilea e in altre istituzioni. È inoltre vicepresidente della Commissione federale contro il razzismo e membro del comitato direttivo dell’Istituto Nuova Svizzera. nora.refaeil@gmail.com
In che modo è possibile affrontare il razzismo inteso come sfida sociale e fenomeno strutturale? L’approccio sistemico fornisce importanti indicazioni al riguardo. Il presente contributo illustra alcune condizioni per un cambiamento a livello di sistema.
Ancora oggi, il razzismo è spesso considerato il risultato di determinati atteggiamenti o misure che, sovente in maniera anche involontaria, penalizzano le persone per via della loro provenienza, etnia, religione, colore della pelle ecc. Gli approcci intesi a contrastare questa forma di emarginazione e discriminazione si limitano al livello micro, in quanto focalizzati sull’individuo e finalizzati a combattere la discriminazione e ad accrescere la consapevolezza dei singoli, e non per forza incidono a livello macro. Nella maggior parte dei casi non producono pertanto effetti a livello strutturale. Se i docenti nutrono aspettative inferiori nei confronti di bambini di colore o con un retroterra migratorio e li riducono in modo stereotipato alla loro origine non svizzera, non basta proporre una formazione continua in materia a singoli insegnanti o un percorso di apertura istituzionale in qualche sede scolastica. Se è assodato che le persone non percepite come svizzere hanno maggiori difficoltà a trovare un’abitazione rispetto a quelle che appaiono invece tali, per combattere il razzismo strutturale sul mercato dell’alloggio non è sufficiente sensibilizzare in tal senso gli organi preposti alla gestione del patrimonio immobiliare pubblico o rafforzare la protezione dalle discriminazioni. Anche se tutte queste misure sono giuste e importanti, da sole non bastano per combattere in misura adeguata la penalizzazione sistemica di chi non è percepito come svizzero.
Come affrontare quindi il razzismo inteso come problema strutturale? L’approccio sistemico ci aiuta a individuare dinamiche a livello macro che si ripercuotono sul piano micro. Di seguito verranno presentati approcci collaudati per far fronte a sfide sistemiche complesse.
Oggi sappiamo che il razzismo costituisce un problema individuale, istituzionale, sociale e, in fin dei conti, strutturale o, meglio, sistemico. Siamo inoltre coscienti che gli approcci individuali (incentrati sulle conoscenze e sugli atteggiamenti) e quelli istituzionali (processi di apertura istituzionale) non sono in grado di incidere sulle dinamiche strutturali. Cosa significa razzismo strutturale? Si tratta di capire quali sono i fondamenti culturali di una società e di come è organizzata, ad esempio in ambiti quali il lavoro, l’alloggio, la formazione, la sanità, l’amministrazione ecc. L’approccio sistemico non considera questi settori come compartimenti stagni, bensì quali processi dinamici interdipendenti inseriti in un sistema socioeconomico e politico più ampio. Occorre chiarire il rapporto e l’interazione tra elementi di rilevanza sistemica nel quadro di un processo in divenire e quali schemi, in termini di effetti desiderati e indesiderati (p. es. emarginazione, discriminazione, razzismo), producono. Queste strutture da un lato veicolano valori e culture condivisi dalla società e dall’altro riproducono il modo in cui la società concepisce questi valori e queste culture, che possono assumere una valenza identitaria oppure no. Per capire come far fronte al razzismo strutturale è dunque determinante focalizzare l’attenzione sui rapporti e le interazioni di rilevanza sistemica.
Il razzismo strutturale costituisce un fenomeno sociale complesso non facile da inquadrare e quindi anche sviluppare soluzioni risulta difficile. Misurarsi con la complessità significa tenere conto delle molteplici dimensioni e sfaccettature di un problema che non può essere risolto con una forma mentis lineare. In genere, però, tendiamo ad affrontare i problemi in modo tecnico, a scomporli in singole parti che poi analizziamo in modo più o meno isolato, a cercare cause ed effetti lineari e a proporre soluzioni. Questa concezione lineare tendenzialmente si limita a combattere i sintomi e non riesce a incidere a livello strutturale. L’approccio sistemico tenta invece di comprendere il sistema nella sua globalità, presuppone una dinamica caratterizzata da numerose cause e fattori e cerca di individuare le grandi correlazioni. Nella complessità non esistono rimedi «semplici», ma sempre e solo approcci risolutivi di tipo adattativo. Per questo motivo, l’accento è posto sul processo destinato a mettere in luce le diverse dinamiche. Sappiamo ad esempio delle discriminazioni sul mercato del lavoro: spesso si analizza in che misura le persone con un nome non ritenuto tipicamente svizzero hanno difficoltà a trovare un impiego o un posto di apprendistato e sono discriminate. Questo tipo di indagini, limitate al mercato del lavoro, ignora sovente cause ed effetti che non agiscono unicamente in maniera puntuale, ma a lungo termine e sul piano strutturale. Altri possibili fattori di esclusione possono essere cercati e trovati nell’ambito della formazione, delle narrazioni utilizzate nelle elezioni e votazioni, nelle procedure di naturalizzazione ecc. Per un esame veramente approfondito di temi complessi come il razzismo strutturale occorre un approccio sistemico, ossia a 360 gradi. Ciò richiede in primo luogo un ribaltamento di mentalità e prospettiva, tra l’altro anche con effetti sotto il profilo pratico per quanto riguarda la costruzione di capacità, nonché il finanziamento e la valutazione di simili processi (al contrario di progetti).
Comprendere il sistema è un presupposto fondamentale per capire come influenzarlo. A tale proposito sono possibili diversi approcci, come la rappresentazione del sistema mediante la sua analisi. Anche altri metodi collaudati, ad esempio la «Teoria U», sviluppata da Otto Scharmer del Massachusetts Institute of Technology, o i «Social Innovation Labs» di Zaid Hassan consentono di raffigurare e studiare sistemi complessi. Per tutti questi metodi sono fondamentali l’approccio multi-stakeholder e il dialogo. Si tratta di mettere in relazione diversi portatori di interesse (stakeholder) del sistema per ottenere informazioni di rilevanza sistemica. In questo contesto è fondamentale dare voce alle persone emarginate e discriminate. Un simile approccio multi-stakeholder sul tema del razzismo strutturale viene attualmente sperimentato nel Cantone di Basilea Città, dove rappresentanti di diversi sistemi si incontrano e condividono le proprie esperienze. Tale dialogo produrrà conoscenze e risultati che non sarebbero emersi analizzando separatamente singoli ambiti. Un ulteriore approccio in questa direzione potrebbero essere gli incontri di lavoro regolari sul tema della prassi in materia di sostegno nel settore della cultura e dell’integrazione tra responsabili della Commissione federale della migrazione, della Segreteria di Stato della migrazione e dell’Ufficio federale della cultura, diversi esperti svizzeri ed esteri e altri attori chiave.
In sostanza, un sistema muta quando si interviene sui presupposti del problema. Vi sono diversi approcci per trasformare un sistema. In questa sede si accennerà in particolare al modello sviluppato dall’impresa di consulenza FSG, il quale descrive le condizioni interrelate che tipicamente perpetuano un problema. L’immagine mostra gli elementi che seguono, classificabili in visibili, semi-espliciti e impliciti.
- Elementi visibili: leggi e direttive di un’unità governativa, pratiche e reti di istituzioni e organizzazioni e distribuzione di mezzi e risorse.
- Elementi semi-espliciti: non saltano all’occhio a prima vista; comprendono relazioni, connessioni e dinamiche di potere.
- Elementi impliciti: schemi di pensiero, convinzioni profondamente radicate, supposizioni e aspetti dati per scontati che influenzano quello che facciamo e pensiamo e sono difficili da riconoscere perché difficilmente «accessibili». Secondo Donella Meadows, un’antesignana del pensiero sistemico, la trasformazione degli schemi mentali è la soluzione più idonea a fare leva sul cambiamento, ma anche la più difficile.
Temi quali il razzismo o i pregiudizi di genere rientrano tra gli schemi mentali impliciti difficili da affrontare e modificare. Questi ultimi influiscono sul modo di gestire le relazioni e costituiscono la base delle strutture suscettibili, a loro volta, di produrre esclusione. Ne sono un buon esempio le pratiche di naturalizzazione svilenti e discriminatorie di alcuni Comuni e commissioni. Persone che da decenni vivono e lavorano in Svizzera, ad esempio provenienti dalla ex-Jugoslavia, sono strutturalmente discriminate. Spesso la ragione dell’esclusione risiede nell’idea dualistica del «noi vs gli altri», nell’idea che ci facciamo di quello che è la Svizzera e di chi può rappresentarla, di chi può farne parte e chi no. Questo atteggiamento, a volte, è all’origine anche delle varie disposizioni del diritto migratorio e dei criteri per la valutazione dell’integrazione e delle richieste di naturalizzazione. Gli ostacoli nella prassi in materia di naturalizzazione influenzano a loro volta l’accesso al mercato del lavoro e dell’alloggio e alle prestazioni sanitarie; al tempo stesso pregiudicano il diritto di voto e di eleggibilità nonché la resilienza democratica della Svizzera.
Schemi di pensiero e concezioni profondamente radicate possono ad esempio essere contrastati mediante nuove narrazioni. Un importante contributo e nuovi input in tal senso sono forniti dall’Istituto Nuova Svizzera (INES), le cui storie di deep diversity rispecchiano una realtà in cui la migrazione e la diversità sono normali e fanno parte della storia, della cultura e del vissuto quotidiano della Svizzera.
I livelli raffigurati sono strettamente interconnessi e si influenzano reciprocamente per cui, ai fini della ricerca di possibili soluzioni, è importante considerare i diversi elementi, anche se sarà pressoché impossibile agire contemporaneamente su tutti i livelli.
Un fattore decisivo ai fini del cambiamento è che gli individui, le comunità e le organizzazioni che si impegnano a favore di un mutamento strutturale si considerino parte del sistema. Per le organizzazioni, ciò significa avviare un processo di apertura istituzionale e analizzare quali barriere sistemiche in materia di procedure, prodotti e servizi, partenariati e personale permangono e possono favorire l’esclusione. Il fatto che qualche istituzione intraprenda questo percorso non basta a produrre un mutamento strutturale a livello macro, ma d’altra parte un cambiamento sistemico non è pensabile senza un processo di apertura delle istituzioni.
A livello individuale, essere parte del sistema significa non riuscire a cambiarlo se manca la disponibilità a riflettere su noi stessi, sulla nostra maniera di pensare, sui nostri schemi, valori e atteggiamenti, sul modo in cui interpretiamo le cose, gestiamo il potere e costruiamo le relazioni. A prima vista può apparire scontato, ma in realtà, in base alla mia esperienza nell’accompagnamento dei processi di trasformazione, ciò avviene raramente. In quest’ottica, anche il celebre motto del Mahatma Gandhi «Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo» può essere letto come un invito al cambiamento sistemico.
Il «cambiamento sistemico» è un approccio importante per fare i conti con sfide complesse del nostro tempo quali il razzismo. Un numero sempre maggiore di organizzazioni di utilità pubblica e altre istituzioni del settore sociale lo considera un’opportunità per ottenere effetti più rilevanti. Un atteggiamento che considera normale la complessità aiuta a compiere questo percorso. Prendersi il tempo necessario per esaminare le correlazioni all’interno di un sistema e scoprire come un determinato schema abbia portato a un risultato indesiderato agevola l’elaborazione di misure con un effetto duraturo. Le condizioni illustrate per un cambiamento sistemico si influenzano reciprocamente e devono essere analizzate insieme. Approcci risolutivi di tipo adattativo possono modificare schemi che, a loro volta, possono contribuire al cambiamento. In definitiva, è fondamentale che i fautori di un cambiamento sistemico riflettano anche sul proprio operato.
Bibliografia:
FSG, John Kania, Mark Kramer, Peter Senge, The Water of Systems Change, giugno 2018
Donella Meadows, Thinking in Systems, 2015
Istituto Nuova Svizzera, www.istitutonuovasvizzera.ch