TANGRAM 46

«Narrazioni profondamente radicate si ripetono fino a oggi»

Autori

Simon Affolter e Vera Sperisen lavorano come collaboratori scientifici al Centro per la formazione politica e la didattica storica dell’Alta Scuola pedagogica della Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale. vera.sperisen@fhnw.ch
simon.affolter@fhnw.ch

Intervista a cura di Theodora Peter

Qual è la prospettiva di riferimento dei materiali didattici? In che misura riflettono schemi di pensiero razzisti? Sono alcuni degli interrogativi alla base di un’analisi dei materiali didattici in lingua tedesca compiuta su mandato della CFR. I responsabili dello studio, Simon Affolter e Vera Sperisen, ci parlano dei lavori di ricerca in corso.

State svolgendo un’analisi dei materiali didattici per conto della CFR. Qual è l’obiettivo di questa ricerca?
Simon Affolter: ad oggi, in Svizzera, non disponiamo di un’analisi approfondita dei materiali didattici attualmente raccomandati. Un lavoro preliminare in tal senso è stato compiuto tra l’altro da Rahel El-Maawi e Mandy Abu Shoak, che si sono occupate dei contenuti razzisti presenti nei materiali didattici. La nostra analisi è incentrata sull’approccio al tema del razzismo, in particolare a livello didattico. In che misura si riscontrano schemi di pensiero razzisti? Qual è la prospettiva di riferimento dei materiali didattici? A partire dai risultati dello studio intendiamo inoltre formulare raccomandazioni. Dove sussistono margini di miglioramento? Quali sono le implicazioni per i docenti?

Quali sono i temi al centro dell’indagine?
Simon Affolter: da un lato vi è la prospettiva sociale: che tipo di società viene rappresentato e discusso? Chi ne fa parte? Quali soggetti compaiono e quali no? In che modo vengono descritti in un’ottica postcoloniale? Quali forme assume la costruzione del «noi» e dell’«altro»? Un secondo tema è quello della partecipazione sociale e della cittadinanza: qual è la figura di cittadino che viene veicolata e a cui ci si rivolge? Come viene descritta la partecipazione politica e sociale a chi non detiene la cittadinanza? Vi è inoltre la questione del se e del come viene trattato il tema del razzismo.

Vera Sperisen: ci interessa anche il modo in cui i materiali didattici si rivolgono agli allievi. In che modo vengono rapportati ai contenuti? Analizziamo tale aspetto alla luce degli esercizi proposti. L’attenzione è rivolta al rapporto tra gli allievi e le vicende personali descritte.

Anche se la vostra indagine è ancora in corso, si possono già avanzare prime conclusioni?
Vera Sperisen: pur concentrandoci sulla situazione attuale, abbiamo effettuato paragoni anche con materiali didattici più datati, da cui emerge che, rispetto al passato, vi è sicuramente stata una riflessione sul tema del razzismo. Oggi la diversità trova sicuramente più spazio rispetto a dieci anni fa. Al tempo stesso si ritrovano narrazioni profondamente radicate. La questione migratoria continua ad esempio ad essere fortemente associata al binomio «sfida e opportunità». Alcuni temi, come il razzismo, la migrazione e la storia coloniale, non vengono esplicitamente affrontati nei materiali d’insegnamento. Esaminando ad esempio gli strumenti per avvicinare alla lettura i bambini delle scuole elementari, emergono sottotraccia schemi di pensiero di stampo nazional-etno-culturale. Volendo azzardare un bilancio provvisorio, si può affermare che il mercato offre una grande varietà di materiali didattici, che a loro volta affrontano questi temi in maniera diversa.

Analizziamo in modo più concreto le singole questioni: come vengono costruiti il «noi» e l’«altro» nei materiali didattici?
Simon Affolter: in linea di principio occorre sottolineare che il «noi» si consolida principalmente tramite la costruzione dell’«altro». Solo la distinzione dall’«altro» permette di definire il «noi». Per quanto riguarda le narrazioni veicolate dai materiali didattici, si tratta di capire in che misura l’«altro» diventa una chiave di lettura fondamentale della realtà. Pensiamo ad esempio a una descrizione delle scritture sacre di altre religioni che si sofferma sul fatto che vengano lette «al contrario»: un simile modo di esprimersi tende a riaffermare in modo larvato la nostra idea di normalità. Ma cos’è normale? Leggere da sinistra verso destra o da destra verso sinistra? In fin dei conti è una questione di prospettiva. Inoltre spesso sono reiterati assunti sulle culture altrui, come ad esempio il mangiare per terra. Le pratiche culturali dell’«altro» sono associate più spesso delle nostre a tradizioni folcloristiche. Si tratta di schemi ricorrenti che saltano all’occhio.

Vera Sperisen: esempi sulla costruzione del «noi» e dell’«altro» si trovano anche negli esercizi proposti. In uno strumento didattico dell’ambito disciplinare «etica, religione e comunità» si chiede ad esempio di confrontare l’Islam e i suoi rituali con la propria religione e di individuare punti in comune e differenze. Impostando il compito in questo modo, si parte dal presupposto che gli allievi non siano musulmani. Ciò rappresenta una sfida per la nostra analisi: molti messaggi veicolati sono larvati. Analizzando i materiali didattici di 10-15 anni fa alla luce delle conoscenze attuali, si noterebbero molte nozioni e rappresentazioni che secondo la prospettiva scientifica odierna sono chiaramente razziste e che oggi risultano molto più rare. Si tratta di un’evoluzione positiva. Al tempo stesso ci interessiamo alla dimensione strutturale del razzismo, il che ci costringe a portare l’analisi su un piano dove il razzismo è molto meno tangibile. A seguito del dibattito in corso ormai da diversi anni, oggi il razzismo non si manifesta tanto sotto forma di ideologia palese e dichiarata, quanto piuttosto come sedimento. Per ricercatori, docenti e allievi è quindi più difficile individuare questi retaggi.

Quali soggetti compaiono nei materiali didattici e quali no, e come vengono descritti?
Vera Sperisen: esaminando i materiali didattici nel loro insieme, si possono analizzare le tipologie di rappresentazioni presenti. In un sussidio didattico dell’ambito disciplinare «natura-uomo-società», si trova ad esempio la raffigurazione di un pescatore con la fiocina. Questa immagine non risulta problematica in sé, ma, dopo aver constatato che si tratta dell’unica rappresentazione di una persona di colore in tutta l’opera, tale circostanza assume tutt’altro significato – ossia che le persone di colore compaiono unicamente in una forma esotizzante. In questo caso si pone la domanda di quale sia la funzione rappresentativa assunta dall’immagine nello strumento didattico in questione.

Simon Affolter: osserviamo che vengono rappresentate persone assai diverse tra loro, e che l’aspetto della diversità sta permeando anche il linguaggio iconografico. Spesso ricompaiono però anche immagini standardizzate della «normalità». Per quanto riguarda l’insegnamento della biologia, viene ad esempio utilizzata una mano bianca per la descrizione delle parti del corpo. Gli «altri» diventano protagonisti quando si parla di stili di vita diversi o di storia, ad esempio in relazione alla scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo. I soggetti in questione vengono allora tendenzialmente descritti come poco civilizzati, vicini alla natura o estranei. A ciò si aggiunge il fatto che, all’interno di una storiografia eurocentrica, le prospettive extraeuropee trovano poco spazio.

Vera Sperisen: a proposito di pluralità, salta all’occhio un altro aspetto: finora abbiamo trovato solo due immagini di bambini di colore raffigurati individualmente. È un aspetto degno di nota perché nei materiali didattici la rappresentazione di singoli bambini è invece frequente. La diversità è rappresentata laddove è oggetto del dibattito sociale, come ad esempio nei capitoli «Io e la mia famiglia»: in questi casi sembra esserci una consapevolezza della pluralità.

Qual è l’immagine di minoranze quali Sinti, Rom e Jenisch nei materiali didattici?
Simon Affolter: sappiamo che vi sono esempi a tale proposito, ma finora non li abbiamo incrociati nella nostra analisi. Fondamentalmente si pone la questione seguente: Sinti, Rom, Jenisch vengono considerati parte della «nostra» storia o trattati nei capitoli dedicati agli stili di vita «altrui»?

Quali modelli sociali vengono veicolati nei materiali didattici?
Vera Sperisen: la nostra attenzione si focalizza sulla dimensione nazional-etno-culturale. Per quanto concerne le pari opportunità nel contesto scolastico, anche l’estrazione sociale assume una forte importanza. Ciò emerge ad esempio dall’analisi dei supporti didattici nell’ambito disciplinare «economia-lavoro-economia domestica», in cui vengono prevalentemente ritratte famiglie bianche orientate al successo, appartenenti alla media borghesia intellettuale. Anche la scelta dei temi ricalca la realtà di tali ambienti. Le ricerche condotte dimostrano che la scuola è fatta su misura per i bambini di questo gruppo sociale. Con un simile retroterra alle spalle, le probabilità di successo a livello scolastico sono statisticamente maggiori.

Avete constatato differenze tra le regioni linguistiche?
Simon Affolter: all’analisi dei materiali didattici utilizzati nella Svizzera francese provvede l’Alta scuola pedagogica di Friburgo, con cui ci confrontiamo e riscontriamo delle affinità. Al termine dei lavori si procederà a una somma dei risultati. Siamo curiosi di scoprire quali punti in comune ed eventuali differenze emergeranno.

Quali cambiamenti sarebbero necessari, ad esempio nell’elaborazione dei materiali didattici?
Simon Affolter: in questa fase della nostra ricerca, è ancora troppo presto per formulare raccomandazioni. Appare tuttavia evidente l’assenza di una strategia: manca pressoché del tutto una riflessione di fondo sul tema del razzismo, anche per ragioni intrinseche all’organizzazione scolastica. Il termine «razzismo» non compare nei piani di studio, il che si riflette anche nei materiali didattici. Vi è una sorta di vuoto. Viene così meno la prospettiva per un’analisi critica in classe della dimensione sociale del razzismo. I materiali didattici offrono spunti per stabilire collegamenti con le esperienze quotidiane di razzismo degli allievi o con il razzismo strutturale presente nella società, ma ciò non avviene, perché non si parla del razzismo come fenomeno che interessa la società nel suo insieme. Una tale prospettiva costituisce però un requisito imprescindibile per un confronto critico con il tema.
Se i materiali didattici non analizzano le discriminazioni subite da singoli soggetti in quest’ottica e non affrontano la questione dei rapporti di potere nella società, l’approccio al tema rimane superficiale. Si rischia così di imputare le disparità sociali unicamente alle differenze culturali, minimizzando il peso del razzismo.

Vera Sperisen: stiamo sviluppando due assi di riflessione. Da un lato è necessario analizzare le questioni di appartenenza, un ambito che può legittimamente presentare anche ambivalenze, dall’altro occorre considerare la disparità come fenomeno sociale. In seguito questi due aspetti vanno combinati. I classici interrogativi per comprendere i rapporti sociali e il ruolo di ciascuno di noi al loro interno sono i seguenti: quali sono le mie possibilità d’intervento in seno alla società e quali i limiti? Quali sono i margini di manovra e i limiti con cui devono fare i conti i miei interlocutori? Quali sono le ragioni alla base di questo assetto sociale? Cosa posso e intendo cambiare nel quadro delle mie possibilità? Il contesto adatto per affrontare questi temi sono la formazione e formazione continua dei docenti. Persino con materiali didattici considerati problematici è infatti possibile analizzare criticamente il razzismo in aula, riflettendo sulle immagini e narrazioni proposte e su cosa si cela dietro. Non voglio essere fraintesa: sono estremamente lieta che esistano materiali didattici di buona qualità. Occorre tuttavia considerare che riflettono il dibattito e lo stato delle conoscenze di qualche anno fa, per il semplice motivo che i contenuti devono essere rielaborati anche sul piano didattico, il che richiede tempo. E lo sviluppo dei materiali didattici avviene sempre nello stretto quadro dei piani di studio e dei processi decisionali della politica educativa. In altre parole, la rielaborazione di questi materiali è un processo del tutto normale, e l’utilizzo dei sussidi attuali non deve per forza ripercuotersi negativamente sulla qualità dell’insegnamento.

In che modo i docenti potranno beneficiare dei risultati della vostra analisi?
Vera Sperisen: prevediamo di formulare raccomandazioni per i docenti e di elaborare una sorta di guida all’uso dei materiali didattici attuali. Molti di questi strumenti sono eccellenti sotto il profilo didattico. Si tratta di sviluppare una prospettiva per impedire che vengano riprodotte visioni di stampo razzista. Siamo consapevoli che il tema è complesso e che è nostro compito tradurre questa complessità a livello pratico.

Simon Affolter: un aspetto positivo del nostro studio è il coinvolgimento di numerosi attori, tra cui anche istituzioni di formazione. Questo dovrebbe facilitare l’effettiva attuazione delle nostre raccomandazioni, ma soltanto se più parti si assumono la responsabilità di diffondere e applicare i relativi input. Non vogliamo che la nostra analisi rimanga confinata in un cassetto.

L’intervista è stata realizzata nel giugno del 2022. L’analisi dei materiali didattici verrà pubblicata all'inizio del 2023.